Mutamenti climatici, trasporti nel mirino «Soluzioni sostenibili»
Caserini: «I cambiamenti climatici sono un fatto. L’auto elettrica è il futuro, la Fiat non ci crede»
Durante la settimana europea della mobilità si parlerà anche di cambiamenti climatici. Venerdì 22 al Muse interverrà Stefano Caserini del Politecnico di Milano, che avverte: «Occorre pensare a soluzioni sostenibili a partire dai trasporti. Bisogna rendere fossil free i mezzi di spostamento, ma anche promuovere l’uso di mezzi collettivi, in condivisione».
TRENTO L’Italia e il Mediterraneo «hot spot» del riscaldamento globale. E le Alpi soggette alla modificazione inesorabile del proprio paesaggio. Stefano Caserini, ingegnere ambientale, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, parla dei cambiamenti climatici in corso sul pianeta. Un processo che oramai non è più relegato alla previsione di un gruppo sparuto di scienziati, oppure all’allarme esclusivo del mondo ambientalista. Al contrario, è un fenomeno provato dalla letteratura scientifica internazionale e dagli eventi meteorologici sempre più distruttivi che accadono ovunque, nel mondo, e anche in regione. Il ricercatore porterà la sua riflessione al dibattito «La mobilità sostenibile fa bene alla salute e all’ambiente», in programma venerdì 22 settembre al Muse di Trento durante la Settimana europea della mobilità. Con lui Paolo Crepaz, medico dello sport, Paul Stratta, responsabile bike sharing dell’European Cycling Federation, Riccardo Marini, urbanista, Ivan Moroder, direttore dell’ufficio mobilità del Comune di Bolzano.
Dall’uragano Irma all’alluvione di Livorno, senza dimenticare i nubifragi e le trombe d’aria che hanno interessato in estate le coste italiane e le valli alpine di Trentino Alto Adige. Questi eventi atmosferici sono un effetto concreto del global warming?
«Si può dire che il cambiamento climatico è in corso. Dieci anni fa il comitato Onu per il clima ha chiarito inequivocabilmente che ci sia. Gli effetti si vedono, mi riferisco a una maggiore frequenza di eventi estremi di precipitazioni. La scienza del clima lo aveva delineato. Questo non vuol dire che tutte le trombe d’aria o alluvioni nel mondo siano dovute al riscaldamento climatico. Bisogna stare attenti. L’aumento della temperatura ha un effetto di intensificazione».
Lo scetticismo sul fenomeno è stato sconfitto dai fatti?
«Davanti ai dati sulla temperatura o all’uragano Irma è difficile che il negazionismo non si riduca. Per negare oggi occorre andare contro una letteratura scientifica vasta e congruente. Lo scetticismo quindi si è ridotto. Oggi è sempre più assodato che l’aumento dell’anidride carbonica — dovuto al fatto che bruciamo carbone, petrolio e gas per il riscaldamento delle case, l’industria e i trasporti — sta avendo un impatto negativo sul pianeta».
Cosa succederà nei prossimi anni?
«Bisogna stare attenti a generalizzare. A scala globale il riscaldamento è inevitabile e ci sono margini di errori ridotti nelle proiezioni; su scala locale non è facile prevedere cosa accadrà, ad esempio in pianura padana, in Trentino oppure sull’Atlantico. È una sfida, non ci sono stime affidabili. Gli studi dicono che l’aumento della temperatura è differenziato geograficamente. L’Italia ad esempio si è scaldata di più: ha avuto un aumento medio della temperatura dall’epoca preindustriale, quindi da inizio Ottocento, di 2 gradi, rispetto a una media globale di un grado. L’Artico è salito di circa 2,5 gradi. Il Mediterraneo risulta un hot spot del global warming».
L’Italia quindi è particolarmente esposta. Già quest’estate abbiamo visto una siccità marcata che ha svuotato i corsi d’acqua anche in Trentino.
«Ci sono diversi tipi di impatti. Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici ne mette in chiaro la pericolosità. Le ondate di calore in estate mettono a rischio la salute, il ciclo dell’acqua e l’agricoltura, le precipitazioni intense la sicurezza idrogeologica del territorio. C’è poi un effetto negativo sulla biodiversità. Riguardo nello specifico alle alpi, vediamo gli effetti sui ghiacciai. Il paesaggio alpino è già cambiato e cambierà ancora nei prossimi decenni».
Servono contromisure efficaci. Ma quali?
«Occorre pensare a soluzioni sostenibili a partire dal settore più in difficoltà nell’evidenziare risultati positivi: i trasporti. Il campo dell’energia infatti ha visto un notevole aumento delle fonti rinnovabili, superiore alle previsioni. Sui trasporti si fa più fatica a intervenire. Bisogna rendere fossil free i mezzi di spostamento. Ma anche promuovere un modo diverso di spostarsi, ridurre molto l’uso della singola auto e concentrarsi sui mezzi collettivi, pubblici, in condivisione. L’auto elettrica a breve sarà competitiva. Francia e Olanda stanno valutando la data — 2025, 2030, 2040, si vedrà — oltre la quale non ci saranno più immatricolazioni di veicoli a combustibili fossili».
E l’Italia?
«Dovrebbe insistere sull’elettrico anche l’Italia. Noto però che siamo in ritardo. La stessa Fiat e Marchionne non ci hanno creduto».