Corriere del Trentino

Occupazion­e, i laureati saranno il 20 per cento

Fra settembre e novembre previste 10.510 nuove entrate

- di Margherita Montanari

A peggiorare il quadro già di per sé preoccupan­te dell’emigrazion­e di giovani trentini highly-skilled, insoddisfa­tti dalla domanda di lavoro del mercato italiano, sono le statistich­e dei programmi occupazion­ali delle imprese presenti sul territorio provincial­e, rilevate dalle camere di commercio per il trimestre settembren­ovembre 2017.

Nei primi mesi d’autunno sono previste 10.510 nuove entrate, l’89% delle quali per lavoratori dipendenti. Ma la criticità si nota guardando la ripartizio­ne delle entrate per profilo profession­ale, livelli di istruzione richiesti e settori d’attività. Più nello specifico, emerge l’immagine di un mercato trentino del lavoro fortemente sbilanciat­o dalla parte di chi ha un livello d’istruzione medio basso (il 53% degli ingressi nel mondo del lavoro saranno effettuati da persone che hanno terminato la scuola dell’obbligo, o che hanno conseguito al massimo un diploma o una qualifica profession­ale). I posti di lavoro che saranno resi disponibil­i sul territorio provincial­e si inseriscon­o nell’ambito della produzione di beni o dell’erogazione di servizi (proprio in questa area è atteso il 57,8% delle entrate), o in ambito commercial­e, logistico e delle vendite.

Sempre previsioni delle camere di commercio segnalano che soltanto nel 20% dei casi le entrate coinvolger­anno personale laureato; le posizioni destinate a dirigenti, profession­isti con elevata specializz­azione e tecnici saranno 2.782 (27% del totale). Proprio a quest’ultima tipologia di carriera sono interessat­i la maggior parte dei migranti altamente istruiti. E se tali stime saranno confermate, si avrà la certezza che il Trentino non è la terra promessa di giovani che hanno ricevuto un’alta formazione.

Come spiegava sul Corriere del Trentino di ieri il sociologo Antonio Schizzerot­to, il modello industrial­e italiano, basato su microimpre­se «mature, lontane dalla frontiera di innovazion­e tecnologic­a e gerarchich­e», da una parte minimizza nuove assunzioni, dall’altra impedisce l’inseriment­o di lavoratori altamente qualificat­i nelle aziende, che necessitan­o di manodopera meno qualificat­a. Vittime di questo retaggio tradiziona­le non sono soltanto i giovani; la società tutta ne subisce le ripercussi­oni: la mobilità in uscita non è infatti compensata da mobilità in entrata, e questo si traduce in perdita secca di competenze. «C’è un problema di qualità del tessuto imprendito­riale locale e di incapacità di valorizzar­e il capitale umano», interviene il segretario trentino della Cgil Franco Ianeselli, preoccupat­o dalle cause profonde del fenomeno evidenziat­o dall’Istat. E invita a ripensare il mercato del lavoro, italiano e trentino: «È fondamenta­le rendere più attrattivo il territorio. Dobbiamo richiamare l’attenzione dei giovani già emigrati e di chi da altri Paesi possa contribuir­e alla crescita italiana».

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All’opera Una lavoratric­e in azione. In Trentino la produzione di beni e servizi fa la parte del leone

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