Not, i tempi preoccupano i professionisti «I cittadini attendono l’ospedale da anni» Ioppi
Brunori: «Un polo nuovo facilita il lavoro». Zappini: «Conta la qualità dell’assistenza»
TRENTO Chi nelle strutture sanitarie del Trentino si trova a gravitare ogni giorno, a contatto con i pazienti, ma anche con gli ambienti di lavoro all’interno di spazi di cui fruisce quotidianamente, accoglie con preoccupazione la notizia dell’ennesimo stop alla realizzazione del Nuovo ospedale trentino in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato la revoca del primo bando. I professionisti della sanità temono un ulteriore dilatarsi dei tempi e riflettono anche sui costi che la manutenzione di una struttura — il Santa Chiara — che presto o tardi verrà dismessa impone. «È un arresto che, oltre noi medici, preoccupa anche i cittadini» sintetizza il presidente dell’Ordine dei medici Marco Ioppi. I quali «attendono il nuovo ospedale da anni e se tutto va bene dovranno aspettare per altri sei» gli fa eco Giuliano Brunori, primario di nefrologia a Trento e presidente regionale dell’associazione nazionale dei primari ospedalieri (Anpo). La presidente del Collegio degli infermieri Luisa Zappini, invece, ricorda che «sono i professionisti a fare la differenza».
I presidenti spiegano di non voler «entrare nel merito della sentenza» ma «ci lascia molto perplessi — osserva Brunori — il fatto che verdetti come quello di lunedì non guardino mai a quelli che sono i bisogni della popolazione, i cittadini aspettano da anni il nuovo ospedale». Non che il Santa Chiara non sia in grado di garantire una buona sanità, «ma in una struttura moderna e nuova molte prestazioni sarebbero fornite in maniera diversa e più rispondente alle esigenze della medicina di oggi e dei pazienti». Ciò si tradurrebbe anche «in una facilitazione dell’attività quotidiana dei medici, sia assistenziale che chirurgica». Medicina significa anche innovazione tecnologica «e rimodulare una struttura che non è adatta a ospitarla costa molto».
Sui costi del dilatarsi dei tempi di costruzione del Not (poi ribattezzato Polo sanitario del Trentino) si sofferma anche Ioppi: «Per le casse della comunità significa continuare a sostenere una struttura che sarà dismessa — osserva — e non si può nemmeno evitare di farlo perché non è possibile tralasciare di far funzionare bene quella che è ancora la struttura di riferimento del Trentino».
«Siamo molto preoccupati — aggiunge — avere un ospedale più funzionale e soprattutto dotato di quelle caratteristiche legate alla modernità e all’evoluzione di cui la medicina è protagonista sarà un bene per tutti. Le innovazione tecnologiche nel campo della prevenzione e della cura necessitano di rispondenze doverose anche nel campo dell’architettura».
Gli ospedali di un tempo, infatti, al paziente ricoverato destinavano uno spazio «esiguo»: «Oggi invece i pazienti devono trovare una collocazione che aiuti la cura stessa — precisa Ioppi — un ambiente che dovrebbe riprodurre il contesto naturale in cui una persona vive, pur essendo altamente tecnologico». Certo, come ricordava anche il direttore generale dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon sul Corriere del Trentino di ieri, il Santa Chiara funziona. «Ma le difficoltà vengono superate grazie alla buona volontà e all’impegno di tutti coloro che operano al suo interno» chiosa Ioppi.
A trasferire il focus dall’ involucro dell’ ospedale a chi ci lavora è Zappini: «Non spostiamo l’attenzione sulla struttura, per quanto indispensabile e in grado di facilitare il lavoro di tutti — invita la presidente degli infermieri — quando la qualità dell’assistenza è alta ovunque, sia all’interno che fuori dagli ospedali del territorio. Si può sempre migliorare, certo, ma non dimentichiamo che sono i professionisti a fare la differenza». Le difficoltà del Santa Chiara vengono superate grazie all’impegno di chi lavora al suo interno