Corriere del Trentino

Not, i tempi preoccupan­o i profession­isti «I cittadini attendono l’ospedale da anni» Ioppi

Brunori: «Un polo nuovo facilita il lavoro». Zappini: «Conta la qualità dell’assistenza»

- Erica Ferro

TRENTO Chi nelle strutture sanitarie del Trentino si trova a gravitare ogni giorno, a contatto con i pazienti, ma anche con gli ambienti di lavoro all’interno di spazi di cui fruisce quotidiana­mente, accoglie con preoccupaz­ione la notizia dell’ennesimo stop alla realizzazi­one del Nuovo ospedale trentino in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato la revoca del primo bando. I profession­isti della sanità temono un ulteriore dilatarsi dei tempi e riflettono anche sui costi che la manutenzio­ne di una struttura — il Santa Chiara — che presto o tardi verrà dismessa impone. «È un arresto che, oltre noi medici, preoccupa anche i cittadini» sintetizza il presidente dell’Ordine dei medici Marco Ioppi. I quali «attendono il nuovo ospedale da anni e se tutto va bene dovranno aspettare per altri sei» gli fa eco Giuliano Brunori, primario di nefrologia a Trento e presidente regionale dell’associazio­ne nazionale dei primari ospedalier­i (Anpo). La presidente del Collegio degli infermieri Luisa Zappini, invece, ricorda che «sono i profession­isti a fare la differenza».

I presidenti spiegano di non voler «entrare nel merito della sentenza» ma «ci lascia molto perplessi — osserva Brunori — il fatto che verdetti come quello di lunedì non guardino mai a quelli che sono i bisogni della popolazion­e, i cittadini aspettano da anni il nuovo ospedale». Non che il Santa Chiara non sia in grado di garantire una buona sanità, «ma in una struttura moderna e nuova molte prestazion­i sarebbero fornite in maniera diversa e più rispondent­e alle esigenze della medicina di oggi e dei pazienti». Ciò si tradurrebb­e anche «in una facilitazi­one dell’attività quotidiana dei medici, sia assistenzi­ale che chirurgica». Medicina significa anche innovazion­e tecnologic­a «e rimodulare una struttura che non è adatta a ospitarla costa molto».

Sui costi del dilatarsi dei tempi di costruzion­e del Not (poi ribattezza­to Polo sanitario del Trentino) si sofferma anche Ioppi: «Per le casse della comunità significa continuare a sostenere una struttura che sarà dismessa — osserva — e non si può nemmeno evitare di farlo perché non è possibile tralasciar­e di far funzionare bene quella che è ancora la struttura di riferiment­o del Trentino».

«Siamo molto preoccupat­i — aggiunge — avere un ospedale più funzionale e soprattutt­o dotato di quelle caratteris­tiche legate alla modernità e all’evoluzione di cui la medicina è protagonis­ta sarà un bene per tutti. Le innovazion­e tecnologic­he nel campo della prevenzion­e e della cura necessitan­o di rispondenz­e doverose anche nel campo dell’architettu­ra».

Gli ospedali di un tempo, infatti, al paziente ricoverato destinavan­o uno spazio «esiguo»: «Oggi invece i pazienti devono trovare una collocazio­ne che aiuti la cura stessa — precisa Ioppi — un ambiente che dovrebbe riprodurre il contesto naturale in cui una persona vive, pur essendo altamente tecnologic­o». Certo, come ricordava anche il direttore generale dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon sul Corriere del Trentino di ieri, il Santa Chiara funziona. «Ma le difficoltà vengono superate grazie alla buona volontà e all’impegno di tutti coloro che operano al suo interno» chiosa Ioppi.

A trasferire il focus dall’ involucro dell’ ospedale a chi ci lavora è Zappini: «Non spostiamo l’attenzione sulla struttura, per quanto indispensa­bile e in grado di facilitare il lavoro di tutti — invita la presidente degli infermieri — quando la qualità dell’assistenza è alta ovunque, sia all’interno che fuori dagli ospedali del territorio. Si può sempre migliorare, certo, ma non dimentichi­amo che sono i profession­isti a fare la differenza». Le difficoltà del Santa Chiara vengono superate grazie all’impegno di chi lavora al suo interno

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