«Il mondo cambia, i missionari anche»
Monsignor Sandri: oltre le differenze. Il vescovo Tisi: «Favorire l’integrazione»
In una panorama internazionale che cambia «deve cambiare anche il nostro modo di fare il missionario». Così monsignor Giuseppe Sandri, vescovo a Witbank in Sudafrica, ieri alla festa per i 90 anni del Centro missionario. «Oltre le differenze, siamo missionari ecumenici». Per l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi l’azione del missionario deve guardare non solo ai Paesi lontani, ma all’integrazione degli immigrati che arrivano, in «un fecondo incrocio di culture».
Grande festa ieri sera per la Chiesa Trentina. Il Centro missionario diocesano ha celebrato i suoi primi 90 anni con un doppio appuntamento: nel pomeriggio la mostra «La missione fa 90» presso l’Oratorio del Duomo e l’incontro sul tema «Evangelizzare oggi» e in serata con la veglia in Duomo presieduta dall’Arcivescovo Tisi.
Fondato nel 1927 da don Giacomo Dompieri su incarico del vescovo Celestino Endrici, il Centro missionario, diretto attualmente da don Beppino Caldera, ha svolto nei decenni il duplice compito di far crescere la sensibilità missionaria attraverso gruppi di animazione sul territorio e di mantenere un ponte con tutti i missionari trentini nel mondo. Le molte testimonianze portate durante il momento di dialogo pomeridiano hanno costituito un momento di celebrazione del passato ma anche di concreta previsione verso il futuro dell’azione missionaria trentina, in un momento come quello attuale di grandi cambiamenti sociali. Un’azione che, secondo l’Arcivescovo Tisi, non è solo proiettata verso i paesi lontani, ma dà «aria e respiro al Trentino stesso e consente il movimento delle persone e un fecondo incrocio di culture». Ha condiviso l’opinione di Tisi anche il trentino monsignor Giuseppe Sandri, vescovo a Witbank in Sudafrica, affermando: «In un panorama internazionale che cambia deve cambiare anche il modo di fare il missionario. In Sudafrica i cattolici rappresentano circa il 6% della popolazione e il nostro impegno si deve quindi esprimere in senso ecumenico, superando le differenze di credo religioso. La nuova missione — ha continuato il vescovo facendo riferimento alla problematica dei profughi, molto sentita anche in Sudafrica — è l’accoglienza». Se in passato l’attività del missionario si declinava unicamente nella partenza verso terre lontane, oggi sembra quindi indirizzarsi sempre di più anche verso un impegno locale finalizzato alla ricezione e all’integrazione di immigrati stranieri. Lo sa bene Elena Pasolli, insegnante di italiano a persone richiedenti asilo, che ha ribadito come sia precisa responsabilità civica fornire a chi arriva nel nostro Paese gli strumenti per integrarsi. Un’attività da portare avanti «con pieno rispetto reciproco della diversità».
Ma il pensiero va anche ai preti e ai volontari laici trentini impegnati all’estero — nel 2017 sono 227, distribuiti prevalentemente in America e Africa, ma anche in Asia, Europa e Oceania — che, al momento del rientro in Trentino, possono continuare ad operare attivamente e farsi facilitatori nel processo di integrazione fra culture attraverso la loro testimonianza. Tisi ha ricordato come l’invio di preti diocesani fuori dall’Italia debba essere un’azione da valutare attentamente, attivando intorno al missionario una struttura in grado di costruire relazioni non solo nel momento della partenza ma anche del ritorno.
La comunità trentina che si condensa intorno ai principi dell’azione missionaria sembra muoversi sempre di più nella direzione di un sano strabismo: un occhio alla comunità e un occhio al mondo.
La docente Un dovere fornire ai richiedenti asilo il modo di integrarsi
Tisi Oggi si può evangelizza re anche qui visto l’incrocio di culture