IL BIVIO CRUCIALE DELLA SINISTRA
L’unità a sinistra è stata sempre un ossimoro e negli ultimi giorni si è avuta l’ennesima riprova. Il tentativo di costruire un soggetto politico alla sinistra del Partito democratico si scontra con litigiosità, personalismi e divergenze strategiche, come se il retaggio della storia si presentasse con il suo conto a sobillare gli animi dei compagni commensali. Lo stesso concetto è estensibile all’ipotesi di una coalizione con il Pd baricentrico. L’unità non è un valore in sé, in passato abbiamo osservato esperienze fondamentali per rinnovare l’agenda della politica (e anche il conservatorismo di un certo Pci) che sono rimaste marginali in termini di consenso. Ma la condivisione di prospettive è fondamentale se si coltiva l’ambizione di rigenerare linguaggio, sapere e prassi.
Nel dibattito che investe ciò che resta della sinistra — nel Pd e al di fuori di esso — forse avrebbe più significato muovere da una questione: ha ancora senso la sinistra come parte politica o è un residuo del passato che sopravvive in qualche fascia generazionale e nella dimensione emotiva? La risposta dovrebbe essere affermativa, la sinistra ha ancora senso ma non nelle forme dei discorsi retorico-novecenteschi né nei confusi slanci riformisti più utili a puntellare leadership che a risolvere i problemi del Paese. La controprova si osserva anche nell’altro campo. Una nuova destra legata ai temi della sovranità nazionale, del protezionismo economico, della riscoperta del pubblico, di una rivendicazione quasi razziale della cittadinanza si è costituita maneggiando le paure. È stata inserita nel calderone sterile dei populismi, invece è qualcosa di più strutturato e meno instabile.
Dopo il fallimento del prototipo «leader all inclusive» e del partito-comitato elettorale, una seria riflessione su come e dove ricostruire la rappresentanza è il crocevia di ogni passaggio successivo. Che dovrebbe prevedere come stazioni l’elaborazione di risposte radicali — non rammendi allo status quo — all’avvenire dei giovani, a un’idea di società culturalmente in evoluzione (il «terzo spazio» teorizzato da Homi Bhabha), al recupero dei luoghi pubblici, al nodo della crescente ingiustizia sociale e all’esigenza di una nuova stagione del regionalismo dopo la fase statalista dell’ultima (abortita) riforma costituzionale. Tutti argomenti che toccano anche la sinistra trentina. Il bivio è tra sopravvivenza o ricostituzione di una categoria del politico che dia soluzioni sociali e pubbliche di lungo periodo.