Dirige Volmer
Si apre martedì la stagione della Haydn Dopo Bolzano tocca a Trento e Pergine Il direttore: «Punto su Pärt, Sibelius e Brahms Questa orchestra è un laboratorio artistico»
Arvo Volmer, direttore principale dell’orchestra Haydn e «capitano coraggioso» di una fondazione che deve ritrovare la propria identità a tratti appannata da miopie contabili, torna sulla tolda della istituzione musicale bolzanina e trentina. E lo fa, assicura, con lo spirito della sperimentazione e della scuola. «Per me – dice – lavorare con questa orchestra equivale a portare avanti un laboratorio artistico». E, perentoria quanto sublime, questa affermazione dovrebbe bastare.
Eccoci invece a raccontare – anche – del concerto inaugurale della nuova saison sinfonica (martedì a Bolzano, mercoledì a Trento e giovedì a Pergine Valsugana ) nel segno di Arvo Pärt con Trisagion, di Jean Sibelius con la Sinfonia n. 7 in do maggiore, op. 105 e di Johannes Brahms con la Sinfonia n. 1 in do minore, op. 68.
Tre compositori, si sa, tra i preferiti del maestro estone, sul podio della Haydn per la prima volta nel 2012 e, due anni dopo, nominato direttore principale da parte di un vertice Haydn che stava però ancora imparando a gestire una macchina complessa. Così ben guidata in passato da Gustav Kuhn, tanto che la sua eredità è stata affidata a ben due figure: quella del direttore artistico Daniele Spini e quella di Volmer.
Maestro Volmer, perché parla di «laboratorio»?
«Perché i musicisti della Haydn sono ormai a pieno titolo miei colleghi e perché lavoriamo davvero insieme. Poi, ci sono nuovi innesti nell’organico che dobbiamo saper accogliere e guidare. E la stessa organizzazione mi pare professionale».
Lei ha scelto per i concerti inaugurali tre stelle fisse del suo pur molto ricco cielo astronomico. Perché proprio loro?
«Il programma inaugurale comprende opere di compositori fra quelli a me più cari: Jean Sibelius, Johannes Brahms, e uno fra i massimi musicisti viventi, Arvo Pärt. Si potrebbe dire che il connotato comune di questo programma sia il silenzio: dopo la Settima Sinfonia il maestro finlandese creò soltanto un’altra opera importante; Brahms aveva trovato quasi impossibile reprimere il silenzio e comporre una sinfonia, come voleva il suo destino e come gli aveva predetto anni prima Robert Schumann, mentore e amico»
Lei ha manifestato la convinzione secondo la quale «la musica di Arvo Pärt è intrisa di silenzio e di meditazione»: anche per questo motivo la dirigerà?
«Sì, certo. I miei colleghi della Haydn ed io partiamo da una serie di approfondimenti e di convinzioni condivise. Un metodo che sta dando i suoi frutti».
E che dire di Sibelius?
«La Settima di Sibelius ha una posizione a parte nel repertorio sinfonico. La giudico una descrizione veramente unica di un ciclo esistenziale, dalla creazione alla fine di tutto. Vi odo il caos, la comparsa della vita, gli umani e la voce del creatore, le lotte e le gioie della vita, tempeste, catastrofi, e da ultimo la rassegnazione all’inevitabile, ciascuno di questi aspetti in un singolo capitolo epico».
Il conservatorio di Bolzano ha già un nuovo direttore nominato. Presto, accadrà anche a quello di Trento. La Haydn collaborerà?
«Conosco meglio la realtà bolzanina e le dico che giudico semplicemente “super” la possibilità anche in futuro di fare cose insieme».