Corriere del Trentino

AGGIUSTATE UNA FINESTRA

- Di Enrico Franco

La teoria della finestra rotta, ormai, è nota perfino ai sassi. Se in una via si frantuma il vetro di un infisso e non lo si ripara, prima o poi ne apparirà un altro a pezzi, e un altro ancora, andando avanti così fino a quando il degrado sarà totale. Vale anche il discorso opposto: se un abitante aggiusta tutto e magari dà pure una mano di colore, prima o poi il vicino lo imiterà, innescando un circolo virtuoso che riporterà bellezza all’intera zona.

Sarebbe ingiusto affermare che il Comune sia disinteres­sato alle sorti del centro storico e che nulla abbia fatto, ma una sottovalut­azione della questione è ormai evidente. Intendiamo­ci, come ha ben scritto Ugo Morelli nel nostro editoriale di martedì, non si tratta di gridare all’emergenza o invocare misure draconiane. Il punto è che a furia di relativizz­are — come ha invitato a fare, per certi versi comprensib­ilmente, il sindaco Andreatta — i problemi registrano una lenta quanto progressiv­a diffusione. Come ci ricordano i medici, se si interviene alla comparsa delle prime linee di febbre, la cura può essere rapida e leggera, mentre più si aspetta e più tutto risulterà complicato.

Mi racconta un amico che abita in una via del centro: «Passi per la puzza di urina e di vomito nei pressi di quel bar, passi anche per le coppie che fanno l’amore in piedi senza alcun pudore, ma nell’arco di poche settimane per due volte ho trovato i finestrini rotti della macchina (vandalismo puro, visto che nulla è stato rubato) con un danno di 3.700 euro, un aereo perso (per rimuovere le schegge ho impiegato un’ora) e un appuntamen­to di lavoro saltato». Davvero dobbiamo rassegnarc­i? Non penso.

Fino a non molti anni fa, alle 19 il centro di Trento diventava un mortorio. Oggi alle 19 dilagano gli happy hour. Gli orari dei vigili urbani sono cambiati come quelli della città? A Bologna hanno imposto la chiusura alle 19 a un locale in pieno centro, un altro ha ricevuto la sospension­e della licenza per un mese; quelli che non vogliono rischiare, convincono la clientela ad andare via quando calano le serrande. Certo, ci sono varie zone fuori controllo, ma qualcosa si prova a fare.

Prima ancora di una ragionevol­e repression­e, tuttavia, occorre dare risposte al bisogno di socialità. Invece si è resa la vita difficile a chi svolgeva un servizio utile, mentre in altri casi si è lasciato correre. Ma, soprattutt­o, poco si è fatto per decentrare i momenti di aggregazio­ne giovanile, anche investendo nel trasporto pubblico. Non ci sono ricette semplici e servono risorse, d’accordo, però vogliamo tentare a riparare almeno una finestra?

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