RIABILITAZIONE CONTROLLO SERIO SUI RICOVERI
Nella riabilitazione trentina la gestione dei posti letto spetta in buona parte ai privati. È necessario un controllo serio sui ricoveri.
Di recente sono giunte all’attenzione della stampa alcune vicende connesse a un argomento rilevante della sanità trentina, la riabilitazione, e nello specifico l’organizzazione dell’apparato pubblico e privato (convenzionato) che eroga nella nostra provincia tale servizio.
L’antefatto. L’assessore alla salute Luca Zeni ha presentato a luglio una delibera quadro su tale attività. All’iniziativa apparentemente innocua hanno fatto immediatamente seguito piccate reazioni: un’interrogazione della Civica Trentina che accusa l’assessore di penalizzare le strutture di riabilitazione private del Basso Sarca, definite enfaticamente «economiche, efficienti ed efficaci»; a seguire un articolo di Carlo Stefenelli, presidente dell’associazione che rappresenta le strutture private, critico sulla presa di posizione e in particolare sulle «pretese» della casa di cura Eremo; in risposta un’aggressiva nota della stessa casa di cura che espone la complessa vicenda della sua contrattazione con la Provincia di Trento e motiva la propria reazione. Partendo da qui vorrei fare alcune osservazioni più generali sulla riabilitazione trentina, motivo di tanta acredine.
I fatti. La sanità trentina dispone di un parco posti letto di riabilitazione doppio rispetto a quello previsto dalla programmazione nazionale, sia a vantaggio dei propri utenti, sia a favore di utenti provenienti da altre regioni. C’è tuttavia una osservazione da fare: la maggioranza dei letti di riabilitazione è gestita da strutture private convenzionate (almeno i due terzi). Il problema è che tale imponente spesa, impegnata per la rete di strutture private, necessita di rigorosi presupposti gestionali: deve essere rigorosamente monitorata dall’«attore pagante», cioè la Provincia per il tramite della azienda sanitaria, i pazienti debbono essere inviati alle strutture da un medico riabilitatore del servizio pubblico (come previsto dalla legge e ribadito dalla recente delibera provinciale) e vi debbono essere puntuali riscontri dell’attività effettuata in termini di impegno assistenziale (il tempo da dedicare alla cura e riabilitazione dei pazienti, precisamente indicato dalla legge nazionale del 2011 e recepito oggi dal nostro assessorato).
Nel caso della realtà trentina bisogna impostare, oltre al controllo amministrativo, un serio e puntuale controllo sanitario sull’appropriatezza dei ricoveri e sulla corretta gestione degli stessi in termini di tempo dedicato nonché di risultato, a solo vantaggio dei pazienti. Sarebbe grave il contrario, cioè che fino ad ora l’invio dei pazienti alle strutture private non sia stato gestito da un unico centro di smistamento pubblico e ogni ricovero monitorato per accertare il rispetto dei livelli di assistenza. Questo è il nodo strategico della questione. Definito ciò, già abbiamo aggredito l’aspetto più delicato del problema: quindi si paga per bisogni reali (appropriatezza dei ricoveri) e per un servizio adeguato (tempi reali delle prestazioni e verifica dei risultati).
L’assetto attuale della riabilitazione trentina ha peraltro radici lontane e non si potranno risolvere i problemi sul campo in tempi brevi: l’unica possibilità è fare un’intelligente programmazione e applicarla in tempi ragionevoli (sarebbe oggi impossibile procedere tout court e sanare tutte le incongruenze succedutesi nel tempo). Per la riabilitazione come per ogni altro aspetto occorre uscire dalla logica degli interventi step by step.
La delibera provinciale può essere un buon punto di partenza, ma i problemi reali restano: la rincorsa dei privati per avere sempre più risorse a disposizione, la riorganizzazione delle strutture sia pubbliche sia private con puntuali numeri di posti letto, il potenziamento del territorio (per il quale non restano mai risorse, fagocitate dagli ospedali). L’epidemiologia è lo strumento che ci dice di quanti letti ha bisogno il Trentino, evitando così sprechi e inappropriatezza dei ricoveri.
Ricordiamo inoltre che la sbandierata politica di accoglienza di pazienti extraprovincia avrà sempre più il fiato corto per la tendenza delle regioni a gestire in loco i propri pazienti e per una politica nazionale delle tariffe penalizzante il ricovero di pazienti esterni.
Resta il problema Villa Rosa: nasce da lontano (negli anni Ottanta) la realizzazione di una struttura a valenza provinciale ampiamente sovradimensionata e oggi sottoutilizzata. Si profila anche in questo caso la necessità di prendere coraggiose decisioni programmatorie. Nel frattempo si potrebbe decidere di portare il corso di laurea di riabilitazione, collocato a Rovereto, all’ospedale Villa Rosa, anche in considerazione del ruolo che la Provincia gli ha affidato.