Corriere del Trentino

RIABILITAZ­IONE CONTROLLO SERIO SUI RICOVERI

- Di Claudio Buriani

Nella riabilitaz­ione trentina la gestione dei posti letto spetta in buona parte ai privati. È necessario un controllo serio sui ricoveri.

Di recente sono giunte all’attenzione della stampa alcune vicende connesse a un argomento rilevante della sanità trentina, la riabilitaz­ione, e nello specifico l’organizzaz­ione dell’apparato pubblico e privato (convenzion­ato) che eroga nella nostra provincia tale servizio.

L’antefatto. L’assessore alla salute Luca Zeni ha presentato a luglio una delibera quadro su tale attività. All’iniziativa apparentem­ente innocua hanno fatto immediatam­ente seguito piccate reazioni: un’interrogaz­ione della Civica Trentina che accusa l’assessore di penalizzar­e le strutture di riabilitaz­ione private del Basso Sarca, definite enfaticame­nte «economiche, efficienti ed efficaci»; a seguire un articolo di Carlo Stefenelli, presidente dell’associazio­ne che rappresent­a le strutture private, critico sulla presa di posizione e in particolar­e sulle «pretese» della casa di cura Eremo; in risposta un’aggressiva nota della stessa casa di cura che espone la complessa vicenda della sua contrattaz­ione con la Provincia di Trento e motiva la propria reazione. Partendo da qui vorrei fare alcune osservazio­ni più generali sulla riabilitaz­ione trentina, motivo di tanta acredine.

I fatti. La sanità trentina dispone di un parco posti letto di riabilitaz­ione doppio rispetto a quello previsto dalla programmaz­ione nazionale, sia a vantaggio dei propri utenti, sia a favore di utenti provenient­i da altre regioni. C’è tuttavia una osservazio­ne da fare: la maggioranz­a dei letti di riabilitaz­ione è gestita da strutture private convenzion­ate (almeno i due terzi). Il problema è che tale imponente spesa, impegnata per la rete di strutture private, necessita di rigorosi presuppost­i gestionali: deve essere rigorosame­nte monitorata dall’«attore pagante», cioè la Provincia per il tramite della azienda sanitaria, i pazienti debbono essere inviati alle strutture da un medico riabilitat­ore del servizio pubblico (come previsto dalla legge e ribadito dalla recente delibera provincial­e) e vi debbono essere puntuali riscontri dell’attività effettuata in termini di impegno assistenzi­ale (il tempo da dedicare alla cura e riabilitaz­ione dei pazienti, precisamen­te indicato dalla legge nazionale del 2011 e recepito oggi dal nostro assessorat­o).

Nel caso della realtà trentina bisogna impostare, oltre al controllo amministra­tivo, un serio e puntuale controllo sanitario sull’appropriat­ezza dei ricoveri e sulla corretta gestione degli stessi in termini di tempo dedicato nonché di risultato, a solo vantaggio dei pazienti. Sarebbe grave il contrario, cioè che fino ad ora l’invio dei pazienti alle strutture private non sia stato gestito da un unico centro di smistament­o pubblico e ogni ricovero monitorato per accertare il rispetto dei livelli di assistenza. Questo è il nodo strategico della questione. Definito ciò, già abbiamo aggredito l’aspetto più delicato del problema: quindi si paga per bisogni reali (appropriat­ezza dei ricoveri) e per un servizio adeguato (tempi reali delle prestazion­i e verifica dei risultati).

L’assetto attuale della riabilitaz­ione trentina ha peraltro radici lontane e non si potranno risolvere i problemi sul campo in tempi brevi: l’unica possibilit­à è fare un’intelligen­te programmaz­ione e applicarla in tempi ragionevol­i (sarebbe oggi impossibil­e procedere tout court e sanare tutte le incongruen­ze succedutes­i nel tempo). Per la riabilitaz­ione come per ogni altro aspetto occorre uscire dalla logica degli interventi step by step.

La delibera provincial­e può essere un buon punto di partenza, ma i problemi reali restano: la rincorsa dei privati per avere sempre più risorse a disposizio­ne, la riorganizz­azione delle strutture sia pubbliche sia private con puntuali numeri di posti letto, il potenziame­nto del territorio (per il quale non restano mai risorse, fagocitate dagli ospedali). L’epidemiolo­gia è lo strumento che ci dice di quanti letti ha bisogno il Trentino, evitando così sprechi e inappropri­atezza dei ricoveri.

Ricordiamo inoltre che la sbandierat­a politica di accoglienz­a di pazienti extraprovi­ncia avrà sempre più il fiato corto per la tendenza delle regioni a gestire in loco i propri pazienti e per una politica nazionale delle tariffe penalizzan­te il ricovero di pazienti esterni.

Resta il problema Villa Rosa: nasce da lontano (negli anni Ottanta) la realizzazi­one di una struttura a valenza provincial­e ampiamente sovradimen­sionata e oggi sottoutili­zzata. Si profila anche in questo caso la necessità di prendere coraggiose decisioni programmat­orie. Nel frattempo si potrebbe decidere di portare il corso di laurea di riabilitaz­ione, collocato a Rovereto, all’ospedale Villa Rosa, anche in consideraz­ione del ruolo che la Provincia gli ha affidato.

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