Stress da lavoro, colpiti i docenti
Soffrono anche gli infermieri. Pasini (presidi): complicata la gestione delle classi
Situazioni conflittuali, demansionamento, sindrome di burnout. Ovvero, quando il lavoro diventa malattia. Di stress lavoro-correlato soffre il 24,1% dei lavoratori italiani e lo scorso anno la Cisl del Trentino ha aperto uno sportello di consulenza e ascolto: negli ultimi mesi hanno bussato alla porta 14 persone, 10 erano donne. Fra le categorie più colpite infermieri e insegnanti. Nel privato pochi denunciano per paura. Elena Giovannini, psicologa del lavoro, conferma: «Chiedere aiuto non è facile».
Pasini «A scuola la gestione delle classi è diventata difficile, non basta più saper insegnare»
TRENTO «Tutto succede in un attimo: mi trovo bloccata in macchina nel parcheggio del supermercato, con il cuore a mille, non riesco più a respirare, inizio a sudare e mi sento completamente impotente. La testa mi gira non riesco a mettere a fuoco, non riesco a pensare a niente...a prendere alcuna decisione». Monica (il nome è di fantasia per tutela della privacy) è dipendente di un’azienda privata. Per un lungo periodo ha subito vessazioni sul posto di lavoro, costanti rimproveri, minacce di licenziamento, quando ha chiesto aiuto allo sportello d’ascolto e consulenza «Disagio lavorativo» della Sbg Cisl era disperata, in mano aveva un referto del pronto soccorso dell’ospedale con scritta la diagnosi: attacco di panico. Sara, invece, lavora nel terziario, negli ultimi tempi è diventata il bersaglio del suo datore di lavoro, vittima di continui richiami, viene umiliata anche davanti ai clienti. Lei pensa che questa sia una strategia del datore di lavoro per licenziarla. Ha paura e vive in uno stato costante di ansia. Sono solo alcuni casi, ma emblematici di quello che può accadere, quando il lavoro diventa malattia.
Secondo recenti dati statistici le cause di stress lavorocorrelato affliggono il 21,4% dei lavoratori italiani, la causa in parte va ricercata nei forti mutamenti del mercato del lavoro. Ma non solo. Il mondo lavorativo è diventato sempre più esigente e difficile, è un dato, questo, che è sotto gli occhi di tutti, e il Trentino non è esente. Dallo scorso anno la Cisl ha attivato uno sportello di consulenza e ascolto. Negli ultimi mesi si sono rivolte allo sportello 14 persone, di cui la maggior parte (10) sono femmine che lavorano soprattutto nel pubblico e hanno presentato problematiche di stress lavoro-correlato dovute a situazioni conflittuali, difficoltà di gestione del ruolo, demansionamento e in tre casi hanno evidenziato sintomi della sindrome di burnout. I dati, ovviamente, sono solo parziali e non possono offrire uno spaccato dettagliato del fenomeno in Trentino, ma il problema maggiore — spiegano gli psicologi — è quello di riconoscere il problema e trovare il coraggio di chiedere aiuto. «Molti lavoratori non segnalano il problema un po’ per vergogna, un po’ per timore di perdere il lavoro» chiarisce Milena Sega, segretaria confederale della Cisl.
Il dato che forse non ci si aspetta è quello relativo alle categorie più colpite dal fenomeno. Gli infermieri, ma anche gli insegnanti risultano tra i lavoratori più a rischio. La stessa Asl di Milano, ricorda Alessandra Pasini, presidente dell’associazione nazionale presidi per il Trentino, aveva evidenziato questo dato: i docenti sono tra i lavoratori più esposti, soprattutto in alcune zone. «Uno dei problemi principali — spiega Pasini — è il riconoscimento sociale del docente che non c’è più. Il valore dell’insegnamento è scemato perché la società attuale non lo riconosce più sia in termini economici che sociali. La scusa è cambiata, le modalità didattiche, l’approccio allo studio e il venir meno del valore dell’insegnamento hanno creato stress». Secondo Pasini rispetto al passato la «gestione della classe è diventata molto difficile, non basta più saper insegnare, ma prima bisogna saper gestire la classe, serve una capacità relazionale importante; viene chiesto molto di più senza alcun riconoscimento». La multiculturalità, i conflitti che talvolta nascono da differenti culture, e le famiglie incidono fortemente sul mondo dell’insegnamento. «Tutto passa attraverso la scuola e questo crea difficoltà — continua la preside — alla quale oggi è affidato anche l’onore educativo, la scuola rimane una delle poche agenzie educative». Uno dei problemi è anche il rapporto con le famiglie e le ingerenze di alcuni genitori. «Il dato provinciale è sicuramente migliore rispetto a quello nazionale — precisa — la scuola in Trentino funziona bene, ma i docenti sono affaticati».
Il pubblico, contrariamente al pensiero comune, non è esente dalle problematiche relative allo stress, ma i numeri della Provincia sul personale degli uffici rappresentano un fattore fisiologico. Su 4.000 dipendenti solo una ventina ha manifestato problemi di stress da lavoro-correlato. «L’insegna stereotipata e negativa sul lavoro pubblico è ingenerosa nei confronti dei tanti lavoratori appassionati» spiega Luca Comper, dirigente generale del Dipartimento organizzazione personale e affari generali della Provincia. «Le questioni legate al benessere sono per noi prioritarie per questo abbiamo lavorato molto anche sull’educazione e la formazione dei dirigenti. Da tempo la Provincia sta investendo sull’organizzazione del personale per migliorare il benessere lavorativo — spiega — si cerca sempre di evitare malattie professionali che hanno costi sociali. Le risorse umane vanno gestite con grande attenzione». La nota dolente resta la sfera privata: pochi denunciano per paura di non essere creduti o di perdere il lavoro.