«Fabio, un padre meraviglioso Non voleva aiuto»
Overdose fatale, il dolore della compagna Giorgia: «Mancano strutture apposite»
«Un compagno e un padre meraviglioso». Questo era Fabio Oberosler. A raccontarlo è la sua partner, che ricorda gli ultimi difficili mesi: «Non voleva essere aiutato a risolvere questo suo immenso dramma». Una vita difficile, un dolore incolmabile, nonostante i tentativi di risollevarsi e l’amore di tante persone.
TRENTO Una siringa, una dose e uno scantinato. Si può morire così, quasi dimenticati, perché nessuno ne vuol parlare. «Un tossico è un tossico» si dice. Si cerca di dimenticare in fretta tragedie come quella di sabato al Tridente per un senso di pudore o forse rabbia. Fastidio. Ma c’è una vita dietro quell’ultimo viaggio, c’è un uomo che ha vissuto, ha lottato, forse non abbastanza, chissà, ma ci ha comunque provato.
Fabio Oberosler non può essere dimenticato perché da qualche mese era ai margini, perché era stato travolto di nuovo da quel «male», la dipendenza, dalla quale non riusciva a liberarsi. Fabio non è uno dei tanti, era un padre e compagno affettuoso. «Non è stato abbastanza forte» ammette la compagna. «Doveva esserlo per me, per i miei figli, ma non ci è riuscito, ha scelto una via di fuga per non stare male, forse la più facile, e questa volta non ce l’ha fatta». Giorgia non vuole che Fabio diventi solo un numero nelle statistiche delle overdosi in Trentino, per questo con grande coraggio e dignità vuole raccontare chi era Fabio, al di là dell’eroina, al di là delle crisi, dei tentativi, purtroppo falliti, di disintossicarsi.
«Era un compagno e un padre meraviglioso — spiega — non ho mai messo in dubbio il suo amore per noi, ma negli ultimi tempi aveva perso il controllo, non voleva essere aiutato. Ci abbiamo provato tutti, non riusciva a risolvere questo suo immenso dramma, non riusciva a colmare quel grande vuoto che aveva dentro di sé».
Fabio aveva avuto una vita difficile, la droga l’aveva incontrata troppo presto, quando era molto giovane e incapace di capire. Poi quando forse si è davvero reso conto era troppo tardi. «Era un grande uomo come padre e compagno, non aveva completato gli studi ma leggeva tantissimo, conosceva tutte le religioni, amava la cultura, era un anticonformista, forse nella sua fragilità». Giorgia racconta, non nasconde il dolore e neppure un velo di rabbia perché lei ha sperato fino all’ultimo che Fabio si rialzasse, ma quell’ultima dose gli è stata fatale. «I nostri bambini adoravano il papà, era sempre presente per loro. Era lui che raccontava le storie più fantastiche, che faceva le costruzioni. Era premuroso — ricorda ancora la compagna — era dolcissimo con loro». Un padre attento, premuroso, sempre presente, nonostante tutto. Così era Fabio. Sembra strano, la tragedia di sabato, la sua dipendenza dall’eroina sembrano quasi stridere, cozzare con quell’immagine di uomo. Eppure Fabio era così ed è questo il ricordo che i suoi due figli dovranno conservare, nonostante tutto, perché non si può giudicare la sensibilità. «Qualche giorno fa era stato anche picchiato — ricorda con amarezza Giorgia — ormai viveva in strada, il suo amico gli aveva lasciato le chiavi dell’appartamento al Tridente, ma gliel’hanno rubate. Io sono scandalizzata dal fatto che non ci sono strutture mediane di aiuto, o vai al Serd, o in comunità, oppure sei per strada. C’è il dormitorio, ma lì ci sono disperati, spacciatori. Le persone — continua — hanno una dignità, i servizi sociali hanno fatto quello che potevano, ma manca un pezzo».
Giorgia ha deciso di parlare perché quella di Fabio non sia solo una storia tragica da dima menticare, ma possa servire, possa essere di aiuto a qualcuno. Perché tacere talvolta è più facile, chiudersi in se stessi nell’immenso dolore, ma anche il silenzio può uccidere, tanto quanto l’indifferenza. «È facile giudicare, ma bisogna aprire gli occhi, perché Fabio, purtroppo, è solo uno dei tanti, ci sono anche tantissimi ragazzi, anche minorenni, che stanno seguendo la stessa terribile strada, non si accorgono, non vogliono pensare alle conseguenze».
Eleonora era una cara amica di Fabio Oberosler, gli è stata vicina per tanti anni, ha sperato che potesse farcela, ma «forse negli ultimi tempi aveva smesso di lottare» dice. «Ci abbiamo provato tutti, ma è stato risucchiato dalla sua grandissima sensibilità, perché Fabio era un uomo buono, aveva un grandissimo cuore e una sensibilità altrettanto grande, era generoso, poi c’erano quei momenti di sconforto e ricadeva nella droga». Eleonora ricorda l’amore per gli animali, una passione che condivideva anche con il fratello. «Era un po’ un San Francesco di bambini e cani, lo seguivano. Era appassionato e per un periodo aveva vissuto nelle Marche e aveva iniziato ad allevare cani della razza Lagotto, ma lui non li allevava per soldi, ma perché li amava». Eleonora poi ricorda il legame profondo di Fabio per i figli. «Amava i suoi bimbi, si dedicava anima e corpo a loro, non vedi tanti papà così. Era stato per un periodo anche in una clinica riabilitativa per disintossicarsi e ci era riuscito. Poi ha ricominciato a stare male e ora non c’è più» racconta l’amica con la voce rotta.
La camera ardente, allestita nel cimitero di Trento, resterà aperta fino a domani. Poi la salma sarà trasferita a Mantova per la cremazione.
Eleonora Era un San Francesco di bambini e cani, lo seguivano. Ma aveva smesso di lottare