Mani americane sulla Fedrigoni
In Trentino tre sedi e 520 addetti. «La vendita avverrà nei prossimi mesi»
Cartiere Fedrigoni, firmato il preliminare di vendita al fondo statunitense Bain Capital. L’azienda in Trentino ha due stabilimenti ad Arco e Varone, con circa 520 addetti. Nel complesso, il gruppo ha 13 stabilimenti (di cui 9 in Italia) con 2.860 dipendenti
«Cari collaboratori, è TRENTO stato firmato il preliminare di vendita del Gruppo Fedrigoni al fondo Bain Capital. Questa scelta, di cui vi ho informato di persona durante gli auguri nelle scorse settimane, è dunque più vicina al suo completamento, che verrà nei prossimi mesi dopo il nulla osta da parte delle Autorità preposte». Firmato Alessandro Fedrigoni. Confermati dunque i rumors delle scorse settimane relativi alla vendita dello storico gruppo, tra i maggiori operatori internazionali nella produzione di carte ad alto valore aggiunto. In Trentino Fedrigoni ha due stabilimenti, Arco e Varone, e inoltre controlla al 100% Arconvert, per un totale di circa 520 addetti.
Ne complesso, con 2.860 dipendenti, 13 stabilimenti — di cui 9 in Italia, 2 in Spagna e 2 in Brasile — 14 impianti di fabbricazione a macchine continue, 7 impianti di macchine spalmatrici e oltre 13.000 referenze prodotto in catalogo, il Gruppo vende i propri prodotti in oltre 110 Paesi nel mondo, forte anche del famoso marchio Fabriano, che ha 750 anni di storia.
Nel 2016 il fatturato, realizzato per oltre due terzi sui mercati esteri, è stato di 1,05 miliardi di euro (+7,4% su base annua), l’Ebitda di 140,8 milioni (+16,7%) e il risultato netto di 63,5 milioni (10%). Nel 2017 la società stima di raggiungere un fatturato di 1,1 miliardi di euro.
Nella comunicazione arrivata ieri ai dipendenti, il presidente continua così: «Il nostro gruppo in 130 anni di vita ha affrontato sfide, attraversato e superato momenti di crisi e raggiunto grandi successi, dimostrando rilevanti capacità di sviluppo sui mercati internazionali. Ora il gruppo avrà un nuovo azionista proprio per poter affrontare al meglio le sfide future». «Oggi la famiglia ha trovato in Bain Capital un interlocutore affine per solidità, approccio e conoscenza industriale, che siamo certi saprà guidare il percorso della crescita futura. A riprova di quanto crede nelle nuove prospettive di sviluppo, parte della famiglia Fedrigoni reinvestirà nella capitale della società una quota di minoranza. Nei prossimi mesi — conclude Alessandro Fedrigoni — gestirò il gruppo con la massima cura per fare in modo che il passaggio del testimone avvenga in maniera efficiente e proficua».
Bain Capital è una società statunitense di private equity, specializzata in acquisizioni, venture capital e investimenti alternativi. Nel complesso gestisce un patrimonio di 85 miliardi di dollari.
«Fedrigoni è un’azienda di forte attrattività e prestigio, che vanta brand consolidati e un’offerta diversificata di carte speciali» ha dichiarato Ivano Sessa, managing director di Bain Capital Private Equity. «Crediamo che Fedrigoni abbia potenziale per crescere significativamente, sia sul piano organico che attraverso acquisizioni, e collaboreremo con il management team per accelerare questo processo, come già fatto in altre realtà industriali a livello globale. Siamo lieti di rafforzare ulteriormente la nostra presenza industriale in Italia dove recentemente abbiamo investi- to in European finTyre Distribution».
Bain Capital Private Equity ha uffici a Boston, New York, Londra, Monaco di Baviera, Mumbai, Hong Kong, Shanghai, Sydney e Tokyo e ha realizzato oltre 760 investimenti fino ad oggi. Oltre al private equity, Bain Capital, investe in altre asset class come nel settore del credito, del public equity e venture capital.
Ultimamente Fedrigoni ha avuto qualche problema. Il nodo è stato il venir meno della commessa per produrre banconote indiane e contemporaneamente il dimezzamento degli ordini per la produzione dell’Euro, visto che la Bce ha deciso di realizzare il 50% del fabbisogno in un nuovo stabilimento in Francia. Complessivamente sono coinvolti 150 lavoratori solo nelle Marche, quelli che lavorano a macchinari progettati esclusivamente per banconote. Non sono coinvolte le produzioni in Trentino, ma sono comunque dinamiche di gruppo che è giusto tenere monitorate, per i sindacati.