L’INERZIA SPINGE IL ROSSI BIS
Due mesi fa l’ex governatore e attuale deputato Lorenzo Dellai aveva intrecciato le elezioni politiche e quelle provinciali osservando che la coalizione di centrosinistra autonomista avrebbe dovuto, in tempi brevi, stilare un bilancio sulla presidenza di Ugo Rossi. Se il bilancio fosse stato sfavorevole, si ipotizzava tra le righe, l’esponente autonomista avrebbe potuto godere di un salvacondotto per Roma. La fibrillazione che ne seguì — e quelle che l’hanno preceduta nei quattro anni scorsi — non ha aperto un reale varco nel confronto. Nel senso che né il segretario del Pd Italo Gilmozzi né quello dell’Upt Tiziano Mellarini hanno ufficialmente posto il tema nell’agenda della maggioranza e difficilmente potrà essere calendarizzato dopo la celebrazione delle elezioni politiche di marzo. Si rischierebbe di sovrapporre campagna elettorale e lotta per la leadership, senza considerare che il potere contrattuale del Pd sarà diminuito dal voto.
L’inerzia, dunque, sembra al momento declinare a favore del presidente uscente. Negli ultimi tempi Rossi e il Patt hanno cercato di ammorbidire l’ostilità degli alleati promuovendo una sorta di appeasement. Sul piano politico hanno rinunciato al corteggiamento dei «civici» — dove era forte anche l’interesse dell’Upt — e lasciato trapelare la possibile cessione di un seggio parlamentare a vantaggio del Pd. Sul piano amministrativo e programmatico l’ultima finanziaria contiene diversi elementi di conciliazione e, solo poche settimane fa, è stata garantita agibilità al percorso di modifica della legge elettorale per introdurre la parità di genere.
Il Pd ha promosso un accordo politico con l’Upt per spostare il baricentro della coalizione e assicurarsi una posizione vantaggiosa da cui muovere le pedine sullo scacchiere della presidenza. Ma non ha un nome da opporre con convinzione a Rossi, posto che il vicepresidente Olivi sconta la sconfitta alle primarie del 2013 e pare destinato a un ruolo parlamentare. È la ragione per la quale il Patt spera di poter convertire il braccio di ferro in un patteggiamento su candidature, programmi e futuri assetti di governo.
Rossi esce rinforzato dall’esperienza di governo e di potere: paradossalmente, la sua vulnerabilità è legata alla debolezza del Patt che nel processo di ridefinizione identitaria ha subito numerose defezioni. Ma il quadro complessivamente debole della politica trentina, alla fine, può rivelarsi un alleato decisivo.