Andreaus: «Consumo, errori di tutta la governance Ora si punti su sociale, welfare e servizi alla persona»
L’economista: «La concorrenza non c’entra. Elezioni in via Segantini, parlare di futuro»
TRENTO Non solo il Sait, ma tutta la cooperazione di consumo trentina è obbligata a trasformarsi, ibridandosi con altri settori del movimento e trovando strade nuove che mescolino servizi, aggregazione, commercio. Altrimenti, di fronte alla concorrenza agguerrita della grande distribuzione — e dell’online — la strada è segnata. È la riflessione di Michele Andreaus, docente di economia aziendale all’università di Trento, sull’accordo per il Sait e i prossimi passi.
La vertenza si è chiusa dopo una trattativa difficile, gli esuberi sono calati. Un passo necessario o anche positivo?
«Ogni accordo è positivo, soprattutto se non scontato, ma siamo alla punta dell’iceberg. Il movimento del consumo è in sofferenza, non solo il consorzio di secondo livello che ha una struttura di costi non compatibile con il volume degli affari».
Il prossimo nodo da affrontare potrebbe essere proprio quello dei bilanci delle famiglie cooperative.
«È uno degli aspetti in gioco. A monte c’è un discorso di tipo strategico, di mission. La filosofia giusta da trovare. Sait è in mezzo al guado, non è più il consorzio che gestisce i piccoli negozi di paese ma non è nemmeno in grado di fare concorrenza ai privati che guadagnano».
La cooperazione finora ha garantito l’apertura di negozi in zone periferiche. Dove dovrebbe puntare?
«Non è detto che sia finita, ma la formula che andava bene 50 anni fa ora non lo è più. Tra 3-4 anni potrebbe essere Amazon a consegnare i prodotti freschi nei paesi trentini. Inoltre, la gente si sposta e lavora in città e fa la spesa dove conviene. Non possiamo certo criminalizzare i consumatori. Piuttosto, in un momento in cui vengono a mancare i luoghi di aggregazione sul territorio, i bar, gli uffici postali, può avere senso un presidio comune, dove trovo servizi, compro qualcosa, raccolgo il pacco dei corrieri».
Sembra in linea con il messaggio di Fezzi: «Don Guetti oggi non fonderebbe una coop di consumo, ma una sociale».
«Non è in contraddizione. Il cambiamento radicale passa per l’evoluzione dei consumi e degli stili di vita».
Per Sait ci sono stati anche errori di gestione?
«Della governance, che non è solo il presidente Dalpalù, anche chi è venuto prima. L’investimento nella nuova sede era sovradimensionato. Quanto a Federcoop, Fezzi sta facendo del suo meglio, ma prima di lui non ci sono state analisi critiche».
Troppa protezione di sistema non ha giovato?
«Sicuramente un diverso atteggiamento dal pubblico, in tempi di calo delle risorse, ha fatto venire un po’ di nodi al pettine».
La liberalizzazione selvaggia nel commercio ha dato il colpo finale?
«Non userei questo termine. In Trentino c’è concorrenza agguerrita attenta a qualità e costi di gestione, ma non sono arrivati dieci nuovi player».
In giugno si vota la nuova presidenza di Via Segantini.
«Sarebbe interessante che il futuro del consumo fosse un tema per il percorso dell’elezione».
E i livelli occupazionali?
«Parte dei lavoratori del consumo potrebbe spostarsi in altri settori cooperativi. Welfare, servizi alla persona, sociale».