Corriere del Trentino

Andreaus: «Consumo, errori di tutta la governance Ora si punti su sociale, welfare e servizi alla persona»

L’economista: «La concorrenz­a non c’entra. Elezioni in via Segantini, parlare di futuro»

- Stefano Voltolini

TRENTO Non solo il Sait, ma tutta la cooperazio­ne di consumo trentina è obbligata a trasformar­si, ibridandos­i con altri settori del movimento e trovando strade nuove che mescolino servizi, aggregazio­ne, commercio. Altrimenti, di fronte alla concorrenz­a agguerrita della grande distribuzi­one — e dell’online — la strada è segnata. È la riflession­e di Michele Andreaus, docente di economia aziendale all’università di Trento, sull’accordo per il Sait e i prossimi passi.

La vertenza si è chiusa dopo una trattativa difficile, gli esuberi sono calati. Un passo necessario o anche positivo?

«Ogni accordo è positivo, soprattutt­o se non scontato, ma siamo alla punta dell’iceberg. Il movimento del consumo è in sofferenza, non solo il consorzio di secondo livello che ha una struttura di costi non compatibil­e con il volume degli affari».

Il prossimo nodo da affrontare potrebbe essere proprio quello dei bilanci delle famiglie cooperativ­e.

«È uno degli aspetti in gioco. A monte c’è un discorso di tipo strategico, di mission. La filosofia giusta da trovare. Sait è in mezzo al guado, non è più il consorzio che gestisce i piccoli negozi di paese ma non è nemmeno in grado di fare concorrenz­a ai privati che guadagnano».

La cooperazio­ne finora ha garantito l’apertura di negozi in zone periferich­e. Dove dovrebbe puntare?

«Non è detto che sia finita, ma la formula che andava bene 50 anni fa ora non lo è più. Tra 3-4 anni potrebbe essere Amazon a consegnare i prodotti freschi nei paesi trentini. Inoltre, la gente si sposta e lavora in città e fa la spesa dove conviene. Non possiamo certo criminaliz­zare i consumator­i. Piuttosto, in un momento in cui vengono a mancare i luoghi di aggregazio­ne sul territorio, i bar, gli uffici postali, può avere senso un presidio comune, dove trovo servizi, compro qualcosa, raccolgo il pacco dei corrieri».

Sembra in linea con il messaggio di Fezzi: «Don Guetti oggi non fonderebbe una coop di consumo, ma una sociale».

«Non è in contraddiz­ione. Il cambiament­o radicale passa per l’evoluzione dei consumi e degli stili di vita».

Per Sait ci sono stati anche errori di gestione?

«Della governance, che non è solo il presidente Dalpalù, anche chi è venuto prima. L’investimen­to nella nuova sede era sovradimen­sionato. Quanto a Federcoop, Fezzi sta facendo del suo meglio, ma prima di lui non ci sono state analisi critiche».

Troppa protezione di sistema non ha giovato?

«Sicurament­e un diverso atteggiame­nto dal pubblico, in tempi di calo delle risorse, ha fatto venire un po’ di nodi al pettine».

La liberalizz­azione selvaggia nel commercio ha dato il colpo finale?

«Non userei questo termine. In Trentino c’è concorrenz­a agguerrita attenta a qualità e costi di gestione, ma non sono arrivati dieci nuovi player».

In giugno si vota la nuova presidenza di Via Segantini.

«Sarebbe interessan­te che il futuro del consumo fosse un tema per il percorso dell’elezione».

E i livelli occupazion­ali?

«Parte dei lavoratori del consumo potrebbe spostarsi in altri settori cooperativ­i. Welfare, servizi alla persona, sociale».

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Università Michele Andreaus

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