«Ha cambiato la mentalità delle scuole»
Pasini: «Sul sistema più apertura». Una prof: insegnare in lingua è molto positivo
TRENTO Uscendo dalle stanze della politica e allontanandosi dai cortei sindacali si entra nelle scuole, per dare la parola a chi con trilinguismo e Clil ha a che fare sul campo ogni giorno: i dirigenti scolastici e gli insegnanti. I quali spesso confermano e ribadiscono posizioni note ma offrono anche ulteriori e stimolanti punti di vista sulla questione. Alessandra Pasini, dirigente dell’istituto tecnico Pilati di Cles e presidente provinciale dell’Associazione presidi, rende merito al piano trentino trilingue: «Ha cambiato la mentalità delle scuole sull’importanza dello studio delle lingue comunitarie e questa è la cosa più importante: rispetto solo a cinque anni fa sia gli alunni che i docenti ottengono oggi molte più certificazioni linguistiche di alto livello; il cambiamento culturale c’è, i tempi sono favorevoli e non possiamo stare fermi». Per questo è necessario, ribadisce la Pasini, «un investimento serio nella formazione degli insegnanti, che avranno poi cura di aggiornarsi continuamente e che per questo vanno incentivati e premiati. Non è necessario — specifica — che tutti i docenti adottino il metodo Clil; certo, chi lo pratica correttamente fa un ottimo lavoro e un ottimo servizio alla lingua ma dobbiamo ricordarci che l’obiettivo del piano non è il Clil ma la conoscenza delle lingue. Anche perché sul Clil sarebbe necessario un serio monitoraggio scientifico perché al momento non ci sono certezze che esso porti risultati effettivi nell’apprendimento delle lingue».
Di altro avviso una docente dell’istituto comprensivo Pergine 2, che in Clil insegna scienze, arte, educazione motoria e musica: «Dobbiamo avere fiducia in ciò che ci viene proposto, anche perché non credo che l’insegnamento tradizionale delle lingue porti dei risultati: la mia generazione (anni ’70-’80, ndr) non sa parlare né scrivere in tedesco, nonostante anni di scuola. Invece oggi vedo bambini che terminano la quinta elementare con competenze linguistiche rilevanti. C’è necessità — continua — di avere un approccio diverso, di stare in classe in modo diverso, questo è il Clil per me: voglio che gli alunni apprendano sia la lingua che i contenuti disciplinari in modo efficace, per nuclei fondanti, non che immagazzinino informazioni che poi andranno perse. Se mi avessero proposto a suo tempo lezioni Clil di storia meravigliose come quelle che vedo ora ricorderei certamente meglio molte cose. Serve un cambio di paradigma — conclude —. Il piano è una scelta coraggiosa, io darei tempo e fiducia a insegnanti e studenti, non è pensabile vedere subito risultati immediati e tangibili».
Preside Rispetto a 5 anni fa alunni e docenti hanno più certificati