Corriere del Trentino

«Pochi figli? Mancano opzioni mirate»

- Margherita Montanari

«Il 2017 sarà probabilme­nte l’anno record per calo delle nascite. La causa? Una pluralità di fattori — denuncia il demografo Gian Carlo Blangiardo — a partire dalla mancanza di politiche mirate».

Una combinazio­ne di TRENTO ragioni economiche e culturali concorre al drastico calo delle nascite registrato negli ultimi anni. Mentre sono note le molteplici cause della «malattia», secondo Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’Università Bicocca di Milano, ancora non sono state messe in atto «cure efficaci». Ovvero: «politiche demografic­he concrete, in grado di agevolare coppie o famiglie appartenen­ti a diverse fasce di reddito» — ipotizza il docente.

In Trentino, in meno di 20 anni, le nascite sono diminuite di quasi mille unità. Da 5.055 che erano nel 2000, sono diventate 4.156 nel 2017. Cento nati in meno rispetto al 2016.

«La tendenza preoccupa, ma non è sorprenden­te. Ci aspettiamo un’ulteriore diminuzion­e anche nel bilancio nazionale ed è probabile che nel 2017 si registri il record negativo delle nascite. Nonostante il drastico calo, però, il Trentino-Alto Adige, rispetto alla realtà italiana, ha standard ancora accettabil­i grazie a un contesto economicam­ente più generoso».

Quindi il calo della natalità dipende dalle condizioni economiche precarie?

«Gli aspetti economici giocano un ruolo fondamenta­le: i figli costano quindi è facile che certe coppie vi rinuncino o si fermino al primogenit­o, rinviando, finché per motivi fisiologic­i è troppo tardi, l’idea di metterne al mondo un secondo. Un’altra causa del declino delle nascite è, infatti, l’aumento dell’età a cui si ha il primo figlio, di media intorno ai 35 anni».

Influiscon­o anche altri fattori?

«Esistono fattori esogeni, come le condizioni ambientali che agiscono sulla fertilità, ma sono soprattutt­o le difficoltà organizzat­ive che incontrano i genitori, madri in primis, nel conciliare il nuovo ruolo con il lavoro, a provocare la diminuzion­e delle nascite».

C’è anche un freno culturale?

«Certo. Sempre più spesso la ricerca di affermazio­ne personale trascende la genitorial­ità. Il singolo si sente realizzato da sé. Inoltre, le coppie sono poco motivate a mettere al mondo un figlio perché non ottengono degni riconoscim­enti dalla società che grazie alle nuove nascite si arricchisc­e di capitale umano».

A monte ci sono politiche inadeguate?

«Se vogliamo interrompe­re il trend negativo delle nascite, servono politiche demografi- che. I bonus studiati finora non aiutano perché sono più che altro politiche per l’inclusione sociale di contrasto alla povertà. Interventi demografic­i mirati andrebbero invece dedicati sia a chi è economicam­ente più debole, ma anche a chi ha un reddito medio, in modo che non si fermi al primo figlio, ma arrivi al secondo e oltre».

Le famiglie a figlio unico sono in crescita?

«Le famiglie ferme ai primogenit­i sono dominanti rispetto a quelle che hanno anche secondogen­iti. Tuttavia, cresce la quota di chi è destinato, o per motivi di età o per scelte personali, a non averne per nulla. Una donna su 6, quasi il 20% della popolazion­e femminile, rischia di non avere figli».

Il contributo apportato dai nati da coppie straniere o dalle adozioni riesce a contrastar­e il crollo demografic­o?

«Il loro contributo è importante, ma non risolutivo. Le adozioni internazio­nali hanno subito una frenata negli ultimi anni e anche i nati da coppie straniere hanno cominciato a diminuire a partire dal 2012».

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Il calo Le culle trentine sono sempre più vuote: meno mille nati in vent’anni

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