Archivio di Stato, per la sede torna via Borsieri
Non ho mai visto tanta passione per la propria storia come qui in Trentino. Con inventari, presentazioni e mostre valorizzeremo il patrimonio
L’archivio di Stato di Trento potrebbe accasarsi presto nello stabile di via Borsieri. Una strada che pareva chiusa e che invece «si è riaperta in questi giorni» come rivela la nuova direttrice Luisa Villotta.
«Porte aperte». Sembra essere questo il motto di Luisa Villotta, che da un paio di mesi (e per i prossimi tre anni) è alla guida dell’archivio di Stato di Trento. La direttrice, che svolge il medesimo incarico anche presso l’archivio di Stato di Udine e collabora con la direzione generale archivi di Roma, ha pronta la sua ricetta fatta di umiltà, determinazione e tanta professionalità. «Non ho mai visto tanta passione per la propria storia come ho potuto riscontrare qui in Trentino – afferma – Questo aspetto va valorizzato, aprendo sempre di più le porte del nostro archivio». Una possibilità che verrebbe rafforzata dal trasferimento della sede nello stabile di via Borsieri: una questione riapertasi in questi giorni.
Dottoressa, quale è stato l’impatto con questo nuovo incarico?
«È un bell’ufficio con personale disponibile e attento. Non ci saranno grandi scossoni rispetto a quella che è stata la gestione precedente: noi dobbiamo garantire la conservazione della documentazione storica e favorirne al massimo la consultazione magari attivandoci di più, compatibilmente con le risorse disponibili, sul versante della valorizzazione cercando di incrementare le già es i s tent i relazioni con i soggetti del territorio e le amministrazioni comunali, le associazioni. Va detto tuttavia che oggi siamo a meno del 50 per cento del personale, quindi svolgere l’azione di tutela ordinaria è già molto».
Quanti siete?
«Dovremmo essere in 18, siamo in 8. È un trend nazionale: siamo in attesa che si concluda il concorso, qui in a Trento dovrebbe arrivare un’archivista. C’è un abbassamento degli organici un po’ ovunque, si pensi anche alle questure o alle prefetture. Ora bisogna capire quale di questo personale è indispensabile e quali invece sono quelli che diventeranno risparmi. La linea del nostro ministero sembra quella di integrare il personale tecnico, più specializzato, come dimostra questo concorso».
Prima ha parlato di tutela ordinaria: in che cosa consiste?
« Come archivio di Stato conserviamo la documentazione prodotta dagli organi periferici dello Stato come la questura, la prefettura, il commissariato, il tribunale che decorsi i 40 anni versano a noi. Per altro ora abbiamo i depositi saturi, abbiamo dovuto bloccare la ricezione dei documenti perché non abbiamo più spazio. Oltre a questo, tramite delle commissioni di sorveglianza, attuiamo un controllo sulla gestione dei documenti che viene attuata da queste amministrazioni al loro interno: verifichiamo ad esempio lo scarto periodico e la gestione dei flussi documentali introdotti dai protocolli informatici».
Ha accennato al problema degli spazi che nella sede di via Maestri del Lavoro non bastano più. La questione è aperta da tempo: nell’estate del 2015 la Patrimonio del Trentino della Provincia acquistò per 11,5 milioni un immobile in via Borsieri, il complesso delle suore di Maria Bambina, dove avrebbero dovuto trovare posto sia l’archivio di Stato che quello provinciale, creando il polo archivistico.
«Una nota dello scorso anno sembrava chiudere la partita per questo stabile. In realtà il dialogo si è riaperto proprio in questi giorni: sono comunque decisioni che vengono prese a livello centrale. Sarebbe una buona soluzione, avremo più spazi che qui non sono più sufficienti e andremo così a ricoverare tutta una serie di archivi che sono in attesa di versamento. Bisognerà vedere anche quali servizi potremo erogare in forma condivisa con l’archivio provinciale, come la consultazione, le mostre, realizzando così delle economie di scala. Sarebbe un’ottima soluzione anche per i ricercatori».
In che senso?
«Ho visto da parte degli studiosi un grande interesse per la loro storia. Non è una cosa scontata. Lo percepiscono come un patrimonio loro e sentono che è un loro dovere valorizzarlo. L’archivio di Stato ha convenzioni con vari enti e associazioni che impiegano dei soldi, 10, 20, 40 mila euro per fare ricerca, per fare riordini, per schedare materiali. Ben venga dunque una sede che favorisce ulteriormente questo rapporto. Certo da parte nostra deve esserci una propensione a una grande apertura, bisogna che chi passa possa entrarci sempre, bisogna che possa trovare e vedere documenti in mostra. Un’altra idea che sarebbe bello percorrere è quella di organizzare qualche presentazione di ricerche nei nostri spazi. Il patrimonio che noi custodiamo è patrimonio di tutti. Bisogna che l’archivio sia consultabile: un conto è trovarsi di fronte dei faldoni, un conto è sapere cosa c’è esattamente in ognuno. E tutto il lavoro di descrizione, produzione di elenchi e inventari è funzionale a un miglior accesso».
La grande passione per la propria storia può essere dettata anche dalla peculiarità dell’autonomia trentina?
«Sì. Se l’apertura degli archivi è un trend nazionale, l’interesse del cittadino così marcato è sicuramente legato alla specialità del provincia».
Quali sono i percorsi di ricerca più battuti dai vostri ricercatori?
«Uno è di sicuro quello delle terze generazioni di emigrati che ci scrivono dall’estero, in particolare Sudamerica: cercando le loro radici fanno indagini genealogiche. Un altro filone è quello della ricerca del territorio, a livello urbanistico e della gestione delle risorse. A volte questo può essere funzionale per l’organizzazione di mostre: abbiamo prestato documenti per mostre che si sono svolte sul territorio. L’altro filone è quello degli archivi giudiziari, un’autentica miniera: di recente abbiamo acquisito l’archivio del tribunale di Rovereto, centinaia di metri di documenti che hanno liberato il Follone. Il fatto che si riesca a accogliere atti sparsi in depositi sul territorio e che sono a carico dei Comuni vuole dire anche far risparmiare risorse agli enti locali. Riva è stato acquisito da non molti anni, rimangono fuori ancora anche Borgo, Fiera di Primiero ad esempio. E poi c’è Trento, per cui qualcosa si sta muovendo: gli archivi del tribunale di Trento sono sparsi su 5 sedi. Una delle ricerche che viene svolta con più frequenza è infine quella sui ruoli matricolari: si cerca la storia dei propri nonni, bisnonni che parteciparono alle guerre. Agganciandoci all’adunata degli alpini che si terrà a Trento, abbiamo proposto di organizzare una piccola mostra dando possibilità, in quell’occasione, di vistare i depositi e chiedere il proprio ruolo matricolare».
«Abbiamo acquisito i faldoni del tribunale di Rovereto; ora non abbiamo più posto»