Corriere del Trentino

«Carcere, istituzion­i locali assenti»

Bernardini critica: «All’interno della struttura una situazione di ozio, poche attività»

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TRENTO Dai problemi di manutenzio­ne ordinaria alla difficoltà, da parte dei detenuti, ad accedere a trattament­i. Dalla carenza di educatori e medici allo scarso ricorso alle misure alternativ­e. Nonché il protocollo sottoscrit­to nel settembre 2012 da ministero della giustizia e Provincia di Trento per la realizzazi­one di iniziative di reinserime­nto sociale e lavorativo scaduto da quasi cinque mesi. È poco confortant­e il quadro relativo alla casa circondari­ale di Spini di Gardolo restituito dalla visita condotta ieri nella struttura dall’ex parlamenta­re radicale, già coordinatr­ice di uno dei tavoli di lavoro degli Stati generali dell’esecuzione penale, Rita Bernardini e dagli avvocati Fabio Valcanover e Andrea de Bertolini.

«La percezione è che ci sia una dimensione di ozio permanente all’interno del carcere — hanno riportato — che è quanto di più lontano vi sia dalle finalità rieducativ­e della pena». «I detenuti che lavorano sono una piccola percentual­e, le possibilit­à di studio sono molto ridotte — evidenzia Bernardini — c’è inoltre il problema della lontananza dalla famiglia, la difficoltà nel telefonare ai familiari, soprattutt­o per i cittadini stranieri». In questo senso de Bertolini auspica «una svolta decisa, che tutti i soggetti coinvolti dovrebbero cercare di imprimere». Anche perché, sottolinea l’ex deputata radicale, «rimettere in libertà persone cui è riservato questo trattament­o significa non garantire la tanto sbandierat­a sicurezza della comunità».

Attualment­e a Spini sono recluse 306 persone, 221 delle quali con una condanna definitiva, 233 straniere (una delle più alte percentual­i in Italia), 11 in regime di semilibert­à. Gli agenti di polizia penitenzia­ria, con la recente immissione in ruolo di 30 unità, sono 150. «Il problema di Trento non è il sovraffoll­amento» chiosa Bernardini. È, ad esempio, la manutenzio­ne, dalle infiltrazi­oni di acqua al mancato funzioname­nto di porte e telecamere: «L’economo del carcere ci ha detto che vengono stanziati 30.450 euro all’anno ma ne servirebbe­ro almeno 300.000 — afferma Valcanover — si procede per indebitame­nto dell’amministra­zione penitenzia­ria». Mancano anche gli educatori, 7 in base alla pianta organica per 250 detenuti, in realtà presto solo 3. «Si sente anche l’assenza delle istituzion­i locali, che dovrebbero considerar­e l’istituto penitenzia­rio come parte della città» aggiunge Bernardini.

L’ultimo appello è alla concretizz­azione della riforma dell’ordinament­o penitenzia­rio, mentre le commission­i giustizia di Camera e Senato stanno esprimendo un parere sui decreti attuativi ratificati il 22 dicembre dal governo: per chiederne l’approvazio­ne definitiva e l’aggiunta dei decreti riguardant­i il lavoro in carcere e l’affettivit­à Bernardini è al terzo giorno di sciopero della fame.

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