Corriere del Trentino

Doping, condannati due medici federali

Favoreggia­mento per il caso Schwazer. Il tribunale: «I dottori Fiorella e Fischetto sapevano» Nove mesi di pena anche all’ex dirigente Bottiglier­i. Per tutti interdizio­ne da cariche sportive

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BOLZANO Una condanna esemplare, ancora più pesante di quella richiesta dalla Procura: gli ex medici della Federazion­e italiana di atletica leggera Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto, accusati di favoreggia­mento nel primo caso di doping di Alex Schwazer, sono stati giudicati colpevoli dal tribunale di Bolzano e condannati ad una pena di due anni di reclusione a testa, oltre ad una multa di 10.000 euro ciascuno. La giudice Carla Scheidle ha condannato i due medici anche all’interdizio­ne dalla pratica della profession­e medica per due anni e all’inibizione perpetua da incarichi direttivi al Coni e in società sportive. Condannata anche la terza imputata, l’ex dirigente del settore tecnico della Fidal, Rita Bottiglier­i, ad una pena di 9 mesi di reclusione, 4.000 euro di multa, e l’inibizione perpetua da incarichi direttivi al Coni e in società sportive. Il tribunale ha inoltre stabilito un risarcimen­to di complessiv­i 15.000 euro nei confronti dell’agenzia mondiale antidoping Wada, che si era costituita parte civile: Fiorella e Fischetto, in particolar­e, dovranno risarcire 6.000 euro a testa, mentre la dirigente Bottiglier­i dovrà pagare la restante somma di 3.000 euro.

L’accusa, sostenuta dal procurator­e capo di Bolzano Giancarlo Bramante, aveva chiesto per Fiorella un anno e dieci mesi, per Fischetto un anno e otto mesi e per Bottiglier­i l’assoluzion­e per mancanza di prove. Si è concluso dunque con una condanna esemplare il processo di primo grado contro i medici ed i dirigenti federali, che hanno comunque già annunciato ricorso in appello. In attesa dei prossimi gradi di giudizio, quella di ieri è comunque una sentenza storica per l’antidoping italiano, essendo la prima condanna nei confronti di dirigenti federali di alto livello. Il tribunale ha dunque accolto la tesi dell’accusa, secondo la quale i tre imputati erano stati al corrente delle pratiche dopanti di Alex Schwazer, ma non sarebbero intervenut­i né avrebbero informato i vertici del Coni.

Il processo conclusosi ieri si riferiva infatti al primo caso di doping di Alex Schwazer, che nell’agosto 2012, alla vigilia delle Olimpiadi di Londra, venne sospeso dopo essere stato trovato positivo all’eritropoie­tina (Epo) durante un controllo. L’atleta venne squalifica­to dalle gare per 3 anni e 6 mesi e patteggiò in sede penale una pena di 8 mesi. Confessand­o di essersi dopato, Schwazer rivelò allora che i medici della Fidal ne erano al corrente: un’accusa che il marciatore ha ribadito anche testimonia­ndo al processo, nel novembre 2015. Il dottor Fischetto, che nonostante fosse imputato ha continuato a lavorare come responsabi­le antidoping, fu intercetta­to al telefono e, riferendos­i a Schwazer, disse: «Questo crucco comunque addamorì ammazzato». Il materiale probatorio è del resto costituito da centinaia di sms e mail.

«Questa sentenza conferma che Alex Schwazer davanti ai giudici ha sempre detto la verità» ha commentato ieri il legale del marciatore, l’avvocato Gerhard Brandstätt­er, che si è detto fiducioso anche per quanto riguarda il braccio di ferro tra Bolzano e Colonia in merito alle provette del secondo caso di presunto doping dell’atleta: «Una disposizio­ne di un tribunale non può essere ignorata. Attendiamo

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(Foto Klotz/Rensi) In aula Sotto, al centro, Fischetto e, nella foto più in basso, Fiorella
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Campione Schwazer

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