«Le cento chimere? Sono la nostra società»
Pippo Pollina a Pergine tra vecchie canzoni e sorprese
Le «Cento Chimere» a quattro voci di Pippo Pollina si preparano ad ammaliare sabato prossimo il Teatro di Pergine (ore 20.45). Uno spettacolo in cui la dimensione musicale incontrerà quella del racconto e del lirismo, tanto cari al cantautore siciliano. Un pianoforte, una chitarra e delle percussioni saranno gli strumenti a disposizione del cantautore per trasportare il pubblico in un viaggio a ritroso nel tempo dove i momenti salienti saranno marcati da video proiettati su grande schermo. Le sue canzoni fungeranno da filo di Arianna per uscire fuori dal labirinto del tempo e arrivare ai nostri giorni. Un intreccio di racconti, piccole letture e canzoni, arricchite dalla bellezza delle voci delle tre giovani vocalist siciliane Annamaria Sotgiu, Adriana e Roberta Prestigiacomo. Si tratta della terza e ultima data italiana di un tour che ha già fatto registrare una serie di sold out in Svizzera e in Germania.
Com’è nata l’idea di questo spettacolo di sole voci e perché ha deciso di chiamarlo «Cento Chimere»?
«Da un po’ di tempo fantasticavo sulle voci con l’idea di utilizzarle alla stregua di uno strumento per ridurre all’osso gli arrangiamenti. Il titolo richiama il libro che ho scritto e uscirà in primavera in Italia, mentre in terra tedesca è stato pubblicato col titolo “Versi per la libertà”. Una sorta di autobiografia, una scusa per parlare degli ultimi quarant’anni di storia europea attraverso le mie canzoni. “Cento Chimere” è anche una canzone contenuta nel mio ultimo album “Il sole che verrà” (2017) e parla di storia, società e politica: una società vista come la somma di cento chimere».
Che repertorio ha studiato per questa occasione?
«Ci saranno tre o quattro canzoni dell’ultimo disco e poi vado a ritroso pescando dalla mia discografia. Ho scelto i brani che più si adattano all’interpretazione assieme a tre voci femminili e non mancherà qualche sorpresa. L’idea della multimedialità è il perno di questo spettacolo che si dipana tra video, parti lette, stacchetti musicali e tante voci. L’intenzione è quella di creare un ambiente intimo, come se fossimo intorno a un fuoco».
La stessa intimità di un paio di anni fa a Trento in cui ha ridotto lo spazio scenico per avere più vicino il pubblico?
«Ricordo bene quel concerto al Teatro San Marco nel tour di “Giro d’Italia”. In quel caso ero assieme a un altro musicista e anche quello spettacolo era caratterizzato dalla multimedialità: ho trovato naturale portare il pubblico sul palco con me per creare una maggiore intimità».
Lei che è emigrato in Svizzera oltre trent’anni fa come vede l’Italia dal suo osservatorio?
«Con grande amarezza, chi vorrebbe andarsene dall’Italia? Io ne so qualcosa ma vedere tanti giovani che se ne vanno per lavorare all’estero è un peccato. Stiamo riuscendo ad annichilire e deprimere un Paese importante».
Vedo tanti giovani che se ne vanno per lavorare all’estero ed è un peccato Lo spettacolo avrà un ambiente intimo, come attorno a un fuoco