Corriere del Trentino

Cesarei sotto la media, sanità promossa Livelli di ospedalizz­azione da migliorare

- di Dafne Roat

Il Trentino conferma il suo primato nazionale per il numero ridotto di parti con taglio cesareo. Nel 2016 si è registrata un’ulteriore diminuzion­e; nell’ospedale S. Chiara, principale punto nascita della provincia, la percentual­e dei tagli cesarei è stata dell’11,2%, a fronte di un valore medio nazionale del 24,5%. Un dato positivo, secondo gli esperti dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che hanno illustrato ai profession­isti dell’Azienda sanitaria trentina e dell’assessorat­o alla salute i risultati del Piano nazionale esiti (Pne) relativi al 2016.

Secondo l’Organizzaz­ione mondiale della sanità una proporzion­e superiore al 15% di parti cesarei non è giustifica­ta. Ma non tutti sono d’accordo. Molte mamme hanno sollevato in più occasioni perplessit­à e preoccupaz­ioni. La paura più grande è quella di mettere a rischio la salute del nascituro.

La provincia di Trento vanta anche il più basso ricorso al parto chirurgico dopo un pregresso cesareo. Un esempio è l’ospedale S. Maria del Carmine di Rovereto che è una delle strutture con il più alto ricorso al parto naturale dopo un cesareo. Altro dato positivo riguarda la tempistica degli interventi (entro due giorni) per la frattura al femore su pazienti anziani. In Trentino si è passati da un valore del 19,8 del 2010 al 75,2% del 2016. Poi ci sono la bassa mortalità, le degenze post-operatorie inferiori ai tre giorni nella colicistec­tomia laparoscop­ica e le ospedalizz­azioni (ad esempio per broncopneu­mopatia cronica ostruttiva, scompenso cardiaco e gastroente­rite pediatrica) che evidenzian­o un quadro positivo dei livelli della sanità trentina.

In sintesi il quadro tracciato dal Pne per il 2016 (sono stati analizzati 166 indicatori) conferma alcuni trend consolidat­i di allineamen­to della sanità trentina agli standard nazionali, in linea con le migliori performanc­e a livello italiano e internazio­nale. Mario Braga, coordinato­re del Programma nazionale esiti, parla di «un ottimo sistema sanitario». E aggiunge: «La Provincia di Trento mostra elevate performanc­e, stabili dove già molto elevate e altrimenti in crescita in tutte le principali aree analizzate». Ma non è tutto perfetto. Il Pne evidenzia anche ambiti dove la sanità trentina può migliorare come i livelli di ospedalizz­azione di alcuni interventi a rischio di inappropri­atezza — le tonsillect­omie, ad esempio, dove il tasso di ospedalizz­azione nel 2016 è stato del 3,5% a fronte di una media nazionale del 2,15% — e qualche indicatore relativo all’integrazio­ne tra ospedale e territorio. Dall’analisi del piano nazionale, sviluppato da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) per conto del ministero della salute, affiorano altre aree di migliorame­nto, in particolar­e per quanto riguarda la frammentaz­ione, che determina bassi volumi di attività per struttura, di alcuni interventi chirurgici (come la chirurgia oncologica e la colecistec­tomia laparoscop­ica) e ortopedici (come la protesi all’anca e al ginocchio) e la mobilità passiva per alcuni tipi di interventi chirurgici e ortopedici.

Tra le voci analizzate nel report una riguarda l’annoso problema della chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti l’anno. In Italia ci sono ancora 97 strutture con volumi inferiori ai 500 parti annui nelle quali si concentra meno del 6% del totale dei parti. In Trentino sono tre i punti nascita sotto soglia (Cavalese, Cles e Villa Igea) dove si effettua complessiv­amente il 14% dei parti totali. Soddisfatt­o il direttore generale Paolo Bordon che ringrazia il personale e assicura: «Per le aree di debolezza emerse dai dati del 2016 abbiamo già messo in campo nel corso del 2017 dei correttivi».

Nodi Sotto tiro sono gli interventi frammentat­i

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