«Le macchine non sostituiranno il lavoro»
Salvatori: «La genesi risale a 30 anni fa. L’errore fu di non capire l’impatto sociale»
TRENTO La trasformazione in atto nel mondo del lavoro non è avvenuta all’improvviso. «La genesi, seppur carsica, risale a 30 anni fa. A Trento, i primi i mattoni tecnologici alla base della trasformazione digitale vennero costruiti negli anni Ottanta. L’errore fu di metterli insieme senza tenere in considerazione l’impatto sociale che avrebbero avuto». Non siamo «alla fine del lavoro», secondo Gianluca Salvatori, segretario generale di Euricse intervenuto ieri nel corso del seminario «Il futuro del lavoro: l’economia sociale alla prova della gig economy», organizzato da Euricse, Impact Hub Trentino, SMart, tsm LaRes. Piuttosto, si tratta di un inizio apportato dalla trasformazione digitale, che spinge i lavoratori e i sistemi di welfare a reinventarsi in un ambiente in continua evoluzione. Anche se in Trentino ancora non si vede «una vera modifica del sistema produttivo, e i lavori tradizionali rimangono, ma può essere un segno di ritardo rispetto alle altre tendenze nazionali e internazionali», ha aggiunto Riccardo Salomone, presidente dell’Agenzia del lavoro.
Allo scenario del lavoro che cambia, infatti, si affianca una resistenza culturale al frazionamento dell’attività, perché ancora accostato al precariato, spiegano gli esperti. I cambiamenti apportati dalla rivoluzione digitale potrebbero invece avere un certo peso su quei lavoratori che hanno un contenuto professionale più povero. In questi casi, ha puntualizzato Salomone, serve fare un investimento sul capitale umano, per accrescere le soft skills. «Il tema del lavoro — ha continuato Salvatori —, in prospettiva, va declinato all’interno delle imprese sociali e cooperative: forme tradizionali ma estremamente innovative. I sistemi tecnologici si affidano alla ricorrenza, le professioni del sociale utilizzano la creatività, e per questo non saranno superate e sostituite dalle macchine». Sono sì professioni individuali, ma possono essere messe insieme per mutuo interesse. L’aspetto del mutualismo si adatta bene alle sembianze del mondo del lavoro odierno, sempre più on demand. «Oggi non è utile che ciascuno abbia la propria impresa individuale, bisogna condividere le imprese, concependole in modo diverso da quello corporativista rendendo il sistema più redistributivo e solidale». Lo ha spiegato Sandrino Graceffa, direttore di Smart Società Mutualistica per artisti, nata nel quartiere Molenbeek a Bruxelles. L’adattamento, però, deve esserci anche sotto l’aspetto delle tutele sociali alle nuove figure professionali autonome e flessibili.