Corriere del Trentino

Appalti pubblici, un cruccio Crescono i contenzios­i

Vigotti: «Norme farraginos­e ». Ricorsi in calo del 27%. Not, la presidente bacchetta il Consiglio di Stato

- Dafne Roat Linda Pisani

Crescono i contenzios­i relativi agli appalti pubblici, un problema che per il Tar diventa sempre più pesante. Rispetto alla partita dell’ospedale Not, Vigotti bacchetta il Consiglio di Stato.

TRENTO Il trend negli ultimi anni è rimasto sostanzial­mente immutato. Anzi, analizzand­o i numeri, si nota un costante aumento del contenzios­o sugli appalti. Se nel 2015 il 10,4% dei ricorsi depositati sul tavolo del Tar di Trento erano relativi a liti in materia di appalti pubblici, nel 2016 erano il 10,3%, nel 2017 sono saliti a quota 14,6%.

Tutto questo di fronte a un calo sensibile del contenzios­o, nel 2017 si è ridotto del 27%; una delle cause è l’elevato costo di una giustizia, quella amministra­tiva, diventata sempre più per ricchi. Le spese per un ricorso davanti al Tar sono spesso insostenib­ili per il cittadino. Se infatti per un ricorso ordinario il contributo è di 650 euro, per i ricorsi in cui si applica il rito abbreviato la spesa sale fino al 1.800 euro, poi la spesa sale a secondo del valore della controvers­ia.

Restano quindi le imprese e il pubblico gli attori principali dei liti davanti ai giudici amministra­tivi. Il notevole aumento dei ricorsi può avere diverse chiavi di lettura, ma è sicurament­e anche «sintono della sostanzial­e difficoltà delle imprese, che si contendono il medesimo contratto fonde dello sperato guadagno a fronte di una ricchezza spendibile appartenen­te alla parte pubblica» analizza la presidente del Tar di Trento, Roberta Vigotti, in occasione della cerimonia di ieri d’inaugurazi­one del nuovo anno giudiziari­o. La crisi e la sete di lavoro delle imprese ha fatto alzare l’asticella della litigiosit­à. «Il ricorso davanti al giudice — sottolinea Vigotti nella sua relazione — viene spesso usato come strumento di completame­nto della battaglia concorrenz­iale». Poi ci sono le «norme farraginos­e, asistemati­che, confuse e disarmonic­he — spiega Vigotti — la mancanza di controlli preventivi e successivi all’attività istituzion­ale, che sono stati praticamen­te aboliti». Non è tanto la giustizia amministra­tiva, al centro di recenti aspre polemiche, a ostacolare lo sviluppo economico — chiarisce la presidente — ma la litigiosit­à e le norme.

È chiaro che anche i grandi appalti, basta ricordare l’annosa vicenda del Not, sono ormai sottoposti a numerosi ricorsi e appelli, spesso poi ritenuti infondati in secondo grado. Ma il tempo va avanti. Nel corso del 2017 il Consiglio di Stato ha pronunciat­o 32 sentenze, di cui 16 in materia di appalti, su pronunce del Tar di Trento. Di queste 17 hanno confermato la decisione dei giudici trentini e solo sei sono state sentenze di riforma. Anche per quanto riguarda i Consiglio di Stato sono sempre gli appalti a guidare la classifica sul numero di ricorsi depositati.

Vigotti nella relazione bacchetta i colleghi dell’appello. Il riferiment­o è l’appalto per il Not, al centro di un’aspra battaglia di ricorsi, dove l’ultima decisione del Consiglio di Stato, che aveva annullato la revoca del primo bando, decisa da Piazza Dante dopo le lungaggini giudiziari­e, di fatto «ha minato la libertà della pubblica amministra­zione che per motivi economici aveva deciso di revocare il primo bando e farne un altro». «Non hanno considerat­o — stigmatizz­a la presidente — la convenienz­a economica della collocazio­ne delle ingenti risorse pubbliche coinvolte nelle scelte».

Tornando ai numeri sono 246 i ricorsi depositati nel corso del 2017 (nel 2016 erano 337) mentre le sentenze sono tate 301 (388 nel 2016), 56 le ordinanze, 25 i decreti cautelari e 19 le ordinanze collegiali. Oltre agli appalti una fetta importante del lavoro dei magistrati trentini riguarda i ricorsi in materia di edilizia e urbanistic­a, sono 43 quelli depositati nel corso dell’ultimo anno.

Ma il dato sicurament­e più interessan­te riguarda la percentual­e degli accoglimen­ti. Solo il 10,9% dei ricorsi vengono accolti, ciò significa che nella maggior parte dei ricorsi il cittadino perde. Il motivo? Difficile dirlo. «Forse i ricorsi erano infondati» chiosa Vigotti. «I numeri degli accoglimen­ti — precisa — sono comunque in linea con gli altri anni». Ma c’è un altro dato che fa riflettere: il 33, 3% dei ricorsi non arriva a sentenza, ciò significa che una delle parti concorrent­i rinuncia prima del giudizio, probabilme­nte dopo un accordo tra le parti concluso fuori dall’aula del tribunale amministra­tivo.

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