Braccianti sfruttati per anni Erano in un camper senza acqua
La denuncia della Fai Cisl: «Faremo causa all’azienda»
Da anni sarebbero stati costretti a vivere in una roulotte, con la possibilità di lavarsi solo con acqua fredda una volta alla settimana. A denunciare la drammatica situazione in cui si trovavano tre giovani bosniaci, impiegati da un’azienda agricola che li avrebbe sfruttati, è stata ieri la Fai Cisl che, tramite il segretario Fulvio Bastiani, sarebbe pronta a presentare denuncia.
Tre giovani bosniaci, sottopagati e sfruttati da un’azienda agricola, costretti a vivere in una roulotte, con possibilità di lavarsi solo con acqua fredda una volta alla settimana. Che poi trovano la forza di ribellarsi quando il «padrone» dice di no alla loro richiesta di avere acqua almeno tre volte la settimana. Succede a Levico. Ieri la Fai Cisl ha denunciato l’accaduto, tramite il segretario Fulvio Bastiani, che dopo aver raccolto in modo completo le prove provvederà a far causa all’azienda.
I giovani, dai 20 ai 35 anni, avevano assoluto bisogno di lavorare, per questo qualcuno ne approfittava. «Sono in questa situazione rispettivamente da 9, 5 e 3 anni — racconta il sindacalista —. Ogni anno, da febbraio a novembre, lavorano in queste condizioni. Hanno a memoria l’indirizzo di un appartamento di Pergine, dove devono dire che abitano, ma in realtà stanno in condizioni indescrivibili in una roulotte ai margini del bosco». «Il datore di lavoro metteva in busta paga 450 ore, mentre in realtà erano 2.300, pagando 4,5 euro all’ora. Inoltre venivano bruciati tutti i registri. Per fortuna i ragazzi li fotografavano. Basti pensare che il più anziano, che doveva avere 9 anni di contributi, in realtà ne aveva solo 4» aggiunge.
Bastiani conferma che i bosniaci hanno tenuto duro il più possibile, poi sono scoppiati quando hanno chiesto acqua più di frequente. «Se ne sono andati via in giugno e ci hanno informato delle condizioni. Non so se nel frattempo siano stati sostituti da altri lavoratori. In questi mesi abbiamo recuperato le buste paga, che tra l’altro l’azienda si faceva compilare da Coldiretti. Ci siamo rivolti all’associazione, che però prontamente ha preso le distanze da questo imprenditore. Abbiamo recuperato le buste paga, trovando delle differenze retributive enormi — prosegue il sindacalista —. C’è da vergognarsi di essere trentini. Per fortuna che abbiamo convinto questi lavoratori a parlare».
Cosa succederà adesso? «Abbiamo mandato una email con posta certificata al Servizio lavoro per informare di quanto è avvenuto. Dopo di che noi della Fai Cisl faremo causa all’azienda, puntando il dito sulle differenze retributive e sul mancato riconoscimento della parte contributiva. Però non so a che livello sia il danno subito da loro tre come persone. Sono stati mortificati e sfruttati, da un’azienda che gode dei benefici dell’autonomia trentina» chiude Bastiani.