Maraniello ricorda Gillo Dorfles «Leggendario»
L’addio del direttore del Mart all’artista morto ieri
«Ora capisco perché Gillo fino a pochi anni fa non amasse parlare della propria incredibile condizione fisica e mentale: rischiava di sminuire l’importanza della figura di vero intellettuale, di artista, di persona aderente sempre al proprio lunghissimo tempo storico».
Tra la dimensione affettuosa del ricordo e quella della profonda stima all’uomo, all’intellettuale, all’artista, il direttore del Mart di Rovereto Gianfranco Maraniello delinea il profilo di Gillo Dorfles, nato a Trieste nel 1910 e scomparso ieri nella sua casa di Milano a 107 anni.
Proprio il Mart, sotto la direzione di Gabriella Belli, dal dicembre 2011 al febbraio 2012 gli aveva dedicato la mostra Gillo Dorfles. Opere
recenti, aprendola con una riflessione dello stesso Dorfles: «L’atto di disegnare e dipingere è stato per me, sin dall’infanzia, qualcosa di quasi coercitivo e mi ha obbligato a riempire di sgorbi (o erano mirabili invenzioni?) le pagine dei miei libri».
Maraniello ci racconta di averlo frequentato sin da bambino «perché ha seguito da sempre anche il lavoro artistico di mio padre, quindi ho avuto modo di conoscerlo con il disinteresse e l’incanto della fanciullezza. Devo dire che per me Gillo è stato anche un modello: da adolescente ho detto più volte a mio padre che avrei voluto essere come lui. A Milano - prosegue - abitavamo abbastanza vicini e qualche anno fa, quando stavo cercando casa per la mia famiglia, avevo visitato anche un appartamento in piazzale Lavater nella casa dove Dorfles abitava. Un’opzione che mi sarebbe piaciuta molto, quella di essere al piano di sopra rispetto all’appartamento di Gillo».
A Maraniello capitava comunque di incontrarlo spesso «che passeggiava in via Morgagni, verso i giardinetti, e di notare la sua caratteristica attitudine ginnica, di cui si raccontano diversi aneddoti. Confesso di averlo visto anch’io, una domenica mattina, superare la staccionata con un balzo».
Una longevità «che non deve distrarre dai meriti e dalla qualità umana, culturale e professionale di un uomo straordinario, che ha conosciuto la modernità nel suo svolgersi in tempo reale. Ha sempre avuto sensibilità per le discipline del proprio tempo - osserva Maraniello -, basti ricordare che è stato uno dei fondatori del Movimento arte concreta. Un artista militante, mai nostalgico, un critico capace di comprendere il cambiamento delle forme culturali nel tempo in relazione allo sviluppo economico e della società».
«L’ultima conversazione un po’ lunga con lui l’ho avuta su un vaporetto a Venezia durante la scorsa Biennale; portava sottobraccio dei cataloghi. Una persona sempre elegante, non aveva nessuna forma di narcisismo inteso come desiderio di essere celebrato. Narciso lo era per molte cose - conclude il direttore del Mart - ma in una maniera al tempo stesso equilibrata e matura, nel senso di cura del sé in modo analogo a come aveva cura del mondo. Stiamo parlando di un uomo, di una figura che rimarrà leggendaria».