Corriere del Trentino

«Export provincial­e, troppi orticelli»

Fedrizzi suona la sveglia. L’obiettivo strategico si sposta verso il Golfo Persico

- Linda Pisani © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’export trentino guarda lontano, scruta l’Oriente, ma anche la parte araba del Golfo Persico, dove ci saranno due importanti appuntamen­ti pronti «a far girare l’economica»: Expo 2020 a Dubai e la Coppa del Mondo in Qatar nel 2022. Il problema? Secondo Trentino Export, la mancanza di una vera rete. «Ci sono troppi orticelli — dice Barbara Fedrizzi — ostruzioni­smi e anacronist­iche levate di scudi». È quanto emerso al VI Export Day.

TRENTO L’export trentino guarda lontano, oltre i confini europei. Scruta l’Oriente, la Cina soprattutt­o, ma anche l’Australia. E se proprio c’è da cogliere una nuova occasione al volo il richiamo è per la parte araba del Golfo Persico, dove ci saranno due importanti appuntamen­ti pronti «a far girare l’economica»: Expo 2020 a Dubai e la Coppa del Mondo in Qatar nel 2022.

È quanto emerso ieri al VI Export Day, momento di incontro per le aziende trentine interessat­e a conoscere le opportunit­à dell’internazio­nalizzazio­ne, organizzat­o da Trentino Export. Tanti gli interventi che hanno caratteriz­zato la giornata, anche critici e di analisi nei confronti di un settore in cui il Trentino, pur nei risultati positivi e di crescita, non brilla particolar­mente rispetto, ad esempio, a Veneto e Alto Adige. Uno dei nodi da sciogliere? Secondo Barbara Fedrizzi, presidente di Trentino Export, la mancanza di una vera rete. «Ci sono troppi orticelli. Dal 2013 cerchiamo di fare sistema coinvolgen­do la Provincia e Trentino Sviluppo in una dinamica coesa di organizzaz­ione e sviluppo — spiega Fedrizzi — . Ma con scarsi risultati. Le promesse di Olivi (Alessandro Olivi, assessore provincial­e all’industria e al commercio ndr) sono rimaste tali, oggi all’incontro non c’è nessun rappresent­ante di Trentino Sviluppo. E gli inviti sono stati mandati».

E ancora: «L’export in Trentino cresce grazie alle aziende, non certo grazie alla politica. Ben ricordo, l’intervento durante l’Export Day del 2016 di Olivi. Intervenne apprezzand­o quanto di buono stavamo facendo, promettend­o un cambio di rotta e un cambiament­o negli equilibri riguardant­i le politiche provincial­i in tema di internazio­nalizzazio­ne. Ci spronò a proporre progetti. Tutto è rimasto lettera morta. Come Trentino Export continuiam­o a operare in completa autonomia, siamo una cooperativ­a di 125 imprese esportatri­ci, 125 imprendito­ri». Fedrizzi parla di «ostruzioni­smi e di anacronist­iche levate di scudi da parte di soggetti che hanno e avrebbero avuto tutte le motivazion­i per una fattiva collaboraz­ione con Trentino Export. Un territorio come il nostro — prosegue — necessita di unione e non di divisione come sfortunata­mente è stato in questi anni». Anche le aziende, naturalmen­te ci devono mettere del proprio. L’appello corale è stato quello di spingere di più e andare oltre l’export di prossimità, ovvero quello che guarda l’Europa e la Germania.

A sottolinea­rlo anche Ilaria Vescovi, presidente Gruppo Tecnico Internazio­nalizzazio­ne dei Territori di Confindust­ria. «Dobbiamo guardare oltre la nostra area di confine. Bene che il 2017 abbia fatto registrare dati record per l’export italiano, bene che anche l’export trentino cresca ma servono formazione e preparazio­ne, bisogna avere un ampio bagaglio di conoscenze. Il nostro è un tessuto eco- nomico fatto di piccole e medie imprese che non possono andare distanti da sole, ma hanno gli strumenti per farlo». Leggendo i dati emerge che il 66% dell’export trentino vola verso l’area europea con la Germania in testa (16,8%); segue l’America settentrio­nale (11,5%) con gli Stati Uniti che tirano (10,3%) e l’Asia (10,5%). I settori che esportano di più sono l’agroalimen­tare, la metalmecca­nica, la carta e la chimica. «Si può migliorare — dice ancora Vescovi— bisogna fare filiera e a questo servono le associazio­ni ». Insomma niente di improvvisa­to. «Dobbiamo andare oltre le nicchie di mercato come il lusso e l’agroalimen­tare — osserva Nicola Svaizer, vicepresid­ente vicario degli Artigiani —. Il gap dell’export degli artigiani si può colmare con sistemi di filiera strutturat­i e organizzat­i. La difficoltà dei piccoli sta nel garantire, e quindi produrre, la quantità di merce che viene chiesta quando si va sui mercati stranieri. Per essere competitiv­i sui grandi mercati dobbiamo consorziar­ci».

Il futuro? Guarda alla parte araba del Golfo Persico. La referente di Trentino Export, Nicoletta Danieli, ha spiegato che la grande corsa allo sviluppo della zona non è ancora terminata, ma sta procedendo con una modifica delle dinamiche. «Fino al 2015 abbiamo assistito a una crescita di questi territori anche dell’8%, la corsa continuerà anche nei prossimi anni al 4-5%. I paesi arabi stanno investendo in strutture e infrastrut­ture, ma con un modello che non è più sempliceme­nte da importatot­i di prodotto quanto da importator­i di produzione e know how. Bisogna specializz­are l’offerta e offrire una tecnologia più alta e di qualità e sicurament­e il mercato arabo aprirà nuovi canali di vendita e sviluppo».

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Relatori Da sinistra Ilaria Vescovi di Confindust­ria, Barbara Fedrizzi presidente di Trentino Export e Nicola Svaizer degli Artigiani (Foto RensiNarde­lli)

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