I LAVORATORI NELLE IMPRESE, SALTO DI QUALITÀ
Bene l’apertura di Zobele al coinvolgimento dei lavoratori nelle imprese. Rilancio la mia vecchia proposta, è un salto di qualità.
Ho accolto con grande soddisfazione le dichiarazioni dell’imprenditore Enrico Zobele, vicepresidente di Confindustria, riportate sul Corriere del Trentino di ieri e relative all’accordo sulla contrattazione collettiva tra Confindustria e sindacati confederali. In particolare mi riferisco alla sua osservazione «sull’opportunità di un coinvolgimento dei lavoratori nelle imprese collocate nelle filiere produttive più dinamiche e innovative, nell’ambito dei processi 4.0».
Realizzare poi che tale sollecitazione oggi proviene da un rappresentante delle organizzazioni imprenditoriali mi ha rafforzato nella convinzione che il disegno di legge «Integrazione della legge provinciale sugli incentivi alle imprese in materia di partecipazione dei lavoratori», da me proposto nel 2010, andava nella giusta direzione per aprire la strada a nuove e utili opportunità di miglioramento dei modelli di gestione aziendale nelle imprese di medie dimensioni, come auspicato dallo stesso Zobele a distanza di otto anni.
La partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa non è solo un concetto sancito nella nostra Costituzione (articolo 46) : «Ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende», ma è l’oggetto di una direttiva comunitaria del 2001, che prevede la presenza dei lavoratori, o loro rappresentanti, negli organismi societari di amministrazione o controllo. La direttiva sostiene che una società europea non possa essere registrata e godere dei benefici derivanti della nuova realtà giuridica senza che sia stato definito nello statuto un sistema per il coinvolgimento dei lavoratori. Il mio disegno di legge partiva dalla situazione provinciale vigente, in particolare da due provvedimenti (la legge 6 del 1999 e la numero 12 del 1993) che prevedevano per le imprese con più di 50 dipendenti, destinatarie dei benefici messi a disposizione da questi due interventi, degli obblighi di informazione e partecipazione dei lavoratori nei consigli di amministrazione o nei consigli di gestione su un determinato numero di materie.
La proposta fu a quel tempo bocciata dalle categorie datoriali e da gran parte delle forze politiche. Oggi ritengo invece — e i fatti me lo dimostrano — che i tempi siano maturi per riprendere quel «dialogo sociale» avviato otto anni fa.
La partecipazione dei lavoratori ai processi gestionali offre una garanzia di recupero di produttività e, di conseguenza, di maggiore competitività per le imprese. Al tempo stesso comporta diverse opportunità di miglioramento delle condizioni occupazionali.
Lo testimoniano tra l’altro, da tempo alcune tra le maggiori aziende tedesche, dove il cambiamento del paradigma novecentesco tra produzione e salario ha contribuito a uno sviluppo innovativo non solo nell’economia, ma nell’intero sistema di coesione sociale. La forza industriale della Germania, e quindi anche la potenza finanziaria e politica, è corroborata dal fatto che i lavoratori per legge eleggono tanto il consiglio di fabbrica sindacale quanto i loro rappresentanti negli organi direttivi con pieni poteri, alla pari degli azionisti. Questa è la Mitbestimmung, che significa letteralmente co-decisione. Da sessanta anni la Mitbestimmung costituisce un esempio importante per tutti.
Mi voglio collegare a tale esemplare format di «dialogo sociale» per evidenziare che in Trentino la partecipazione — legittimata in concerto con le organizzazioni sindacali — dei lavoratori ai processi decisionali e produttivi delle aziende rappresenterebbe un salto di qualità e darebbe anche forza al concetto di «Autonomia dinamica» intesa come laboratorio di innovazione e punto di riferimento per altri territori e per l’intero Paese. * Presidente del Consiglio provinciale