«Stabilità per la crescita sociale ed economica No a Cetto La Qualunque»
TRENTO Lorenzo Dellai è il candidato a Pergine per la Camera del centrosinistra.
Lo scenario che si prefigura per il 5 marzo è di grande incertezza. Perché scegliere il centrosinistra?
«Capisco che nessuna scelta sia facile: la nebbia è fitta. Ma cosa facciamo noi montanari quando il sentiero si intravvede appena? Cerchiamo punti di riferimento. Quali segnali ci offrono la destra e il M5S? Parole roboanti, slogan triti e ritriti, ricette improbabili, promesse da Cetto La Qualunque. Il centrosinistra, pur con tutti i suoi errori, ha dimostrato di essere come i segnali che marcano il sentiero nella nebbia. Il sentiero della difficile ricostruzione di un Paese che la destra, nel 2011, aveva portato sull’orlo del baratro».
La parola stabilità per molti ha un suono rassicurante, ma per le periferie geografiche e sociali di questo Paese significa il perdurare di una condizione di disagio. Perché dovrebbero chiedere stabilità?
«La stabilità che il centrosinistra ha garantito e intende garantire non è affatto conservazione: è il presupposto del cambiamento. Solo con la stabilità faticosa e scomoda di questi anni il Paese ha potuto avviare quel cambiamento che ci ha consentito di rimetterci in marcia. Ancora lentamente, ma visibilmente. L’alternativa non è tra stabilità e cambiamento, ma tra sentiero della crescita sociale ed economica e ritorno al passato. La destra e il M5S propongono l’opzione “gambero”: vogliono demolire tutto ciò che ci ha permesso di riemergere almeno un po’ dalla crisi».
Senza una maggioranza chiara, meglio il voto o il governissimo?
«È evidente che se il parlamento non riesce a votare la fiducia a nessun governo, il Capo dello Stato non potrà che procedere a nuove elezioni. Sarebbe però un dramma per l’Italia, per il suo rapporto con l’Europa e in una fase delicata della sua ripresa economica. L’unica reale possibilità di evitare questo scenario è quella che la coalizione di Paolo Gentiloni abbia almeno un parlamentare in più degli altri schieramenti. Altrimenti, avranno vinto gli estremisti. E saranno guai grossi».
Considera quella di Renzi un’opzione ormai definitivamente superata?
«Renzi è il leader del Pd. Qui stiamo ragionando di chi può essere il capo di un governo capace di coalizzare in parlamento una maggioranza sufficientemente coesa e ampia».
I suoi avversari l’accusano di aver cambiato idea sulla Valdastico.
«Non è la mia opinione sulla Valdastico ad essere cambiata, ma l’impianto progettuale. Provincia e governo stanno valutando una ipotesi che ha poco a che vedere con le vecchie proposte. Tanto che non si dovrebbe più parlare di Valdastico, ma di “nuova Valsugana”. C’è chi ragiona laicamente sulle proposte e chi rimane fermo ai vecchi totem, positivi o negativi che siano».
L’accordo tra Pd, Patt ed Svp del 2013 conteneva un lungo elenco di norme di attuazione, tutte poi approvate. Il patto del 2018 è stato verbale e non prevede alcun impegno. Ha ragione Bersani a definirlo un semplice scambio elettorale?
«La politica non è roba da contratti notarili, è comunanza di visioni. Per quanto spergiurino, la destra e il M5S non saranno mai credibili sul piano dell’Autonomia. A loro mancano del tutto due valori: una concezione comunitaria e non individualistica della società e lo spirito europeista. Come si può difendere la nostra Autonomia se si professa il sovranismo nazionalista? Per questo dico che il voto dato alla destra, ossia la Lega nazionalista di Salvini, è un voto contro l’Autonomia. Quanto al M5S, Dio solo sa cosa pensino e cosa eventualmente farebbero. Meglio andare sul sicuro e votare centrosinistra. autonomistaSvp. Questo ragionamento vale molto di più, credo, di ogni polemica, ivi compresa quella del mio amico Bersani».