Tre mesi di incontri sulla Grande Guerra
Bolzano Tredici conferenze tematiche con docenti universitari «Speranze e conseguenze» a un secolo dalla fine del conflitto
Tredici incontri dall’8 marzo al 14 giugno. Questo il ricco programma di incontri: La svolta del 1918 – La fine della prima guerra mondiale e le sue
conseguenze organizzato dal Centro di competenza Storia regionale della Libera Università di Bolzano. Un ciclo di conferenze diviso in tre sezioni: la prima si occuperà del quadro internazionale con un focus su alcuni Stati vicini come la Germania, la Svizzera e la neonata Jugoslavia. La seconda tratterà dei due Paesi legati alla vicenda del Trentino Alto-Adige, cioè Italia e Austria. Infine la terza si concentrerà sul Trentino Alto-Adige. A raccontarci dettagli e obiettivi della rassegna è Andrea Di Michele che, all’interno del Centro di competenza di Storia regionale, si occupa di Storia dell’Italia repubblicana, Fascismo, Storia delle aree di confine, Storia e memoria, Storia dell’amministrazione e Rapporti italo-austriaci.
«L’idea di fondo è quella, in coincidenza con il centenario della fine del conflitto, di iniziare a occuparsi appunto della fine della guerra, intendendo sia i caratteri dell’ultimo anno di guerra sia, soprattutto, delle sue conseguenze. Mostrare cioè come assai presto le speranze riposte nella pace e anche molte aspettative quasi utopistiche (l’autodeterminazione dei popoli, organismi internazionali capaci di garantire una pace duratura, il tramonto degli imperi sostituiti da stati nazionali omogenei e stabili) tramontassero in fretta già al momento dei trattati di pace. Si ragionerà sull’instabilità del quadro internazionale dopo la pace, delle tensioni in atto e potenziali, delle tensioni internazionali e all’interno dei singoli Stati, del difficile passaggio dallo stato di guerra a quello di pace, delle tensioni sociali e dei fermenti rivoluzionari, dell’ascesa del Fascismo che già nel 1922, con la marcia su Roma, stravolse gli equilibri di un paese non secondario in Europa».
De Michele «C’erano aspettative utopistiche già durante la firma dei trattati di pace»