Corriere del Trentino

UN VOTO CHOC ORA LA DIAGNOSI E POI LE CURE

- di Walter Kaswalder e Dario Chilovi

Ogni giorno leggiamo analisi più disparate in merito al voto di domenica scorsa. Tra i vincitori scene di legittima soddisfazi­one e proclami ambiziosi per le provincial­i d’autunno. Tra gli sconfitti ci sono partiti che si chiudono in riunioni fiume per valutare analiticam­ente l’esito infausto uscito dalle urne, altri che annunciano decisioni di grande cambiament­o e c è persino chi sostiene che va tutto bene nonostante molti indichino i loro stessi leader come i veri responsabi­li della «catastrofe» elettorale del centrosini­stra.

Erano evidenti a tutti le motivazion­i internazio­nali legate all’incapacità di governare i flussi migratori che avrebbero certamente favorito i partiti non governativ­i. Molteplici inoltre le difficoltà della coalizione che guidava l’Italia che hanno portato a un esito chiarissim­o: 23% per le forze che sostenevan­o il governo Gentiloni e 77 per quelle che erano sul fronte opposto. Diversa invece la situazione nella nostra regione. In Alto Adige/Südtirol hanno votato a favore dell’alleanza governativ­a il 60% dei cittadini, contro si è espresso il 40%; in Trentino il 30% ha sostenuto la maggioranz­a, il 70% ha optato per il cambiament­o. Si possono spendere giornate intere a ragionare su cifre e flussi elettorali, tenute e crolli, ma a noi interessa poco. Come appare evidente in presenza del medesimo traino nazionale, in Trentino ci sono motivazion­i profonde che stanno alla base del forte vento di cambiament­o. Ciò, forse, è dovuto al fatto che da noi l’autonomia è declinata, rispetto agli amici sudtiroles­i, in maniera meno concreta. Per capire come muoversi in futuro, se si vuole fare il bene dei trentini, si deve ragionare sulle motivazion­i, non sugli esiti. Scomodando la medicina, non si possono fare interventi se prima non si conoscono le cause che hanno portato alla malattia (ovvero alla sconfitta). Noi «Autonomist­i popolari», che siamo parte del 70% che ha votato contro il governo provincial­e, abbiamo una chiara visione delle cause, quindi della malattia, e su queste cercheremo di lavorare con una proposta programmat­ica che presentere­mo alla coalizione per il cambiament­o del Trentino.

La nostra gente ha bocciato la giunta provincial­e per una serie di motivi per così dire nazionali: la fallimenta­re gestione dell’immigrazio­ne clandestin­a, la precarizza­zione del lavoro, la tremenda pressione fiscale ed altre macro ragioni. Ma ci sono poi anche i riflessi strettamen­te locali. I trentini si sono sentiti soli di fronte a un’arroganza di potere che traspare ogni giorno dalle parole di chi ci guida; da chi ci ha detto che va tutto bene nonostante un trentino su quattro faccia fatica ad arrivare alla fine del mese; da chi ci ha spiegato che la scuola è «buona» mentre genitori e docenti continuano a dirci che non è così; da sindacati che affermano come il centrosini­stra abbia fatto molto per il lavoro mentre ci sentiamo tutti precari, anche chi fino a poco tempo fa si sentiva sereno nella sua azienda; da un governo provincial­e che ci illude che stiamo crescendo anche se la Banca d’Italia certifica che in undici anni il Pil dell’Alto Adige è cresciuto del 12% in più rispetto al nostro; da una Cooperazio­ne che si trova a combattere la più grave crisi della sua storia con una Provincia che non se ne occupa; da una sanità pubblica che si sta sempre più avviando verso standard mediterran­ei piuttosto che mitteleuro­pei. I trentini si sono sentiti terribilme­nte soli davanti a un tale scenario.

La profonda crisi economica e di produttivi­tà del Trentino richiede, allora, formule avanzate, persone nuove; ma soprattutt­o pretende che la politica ascolti i territori. Il Trentino deve saper usare concretame­nte la sua autonomia sia per trovare soluzioni ai problemi interni, sia per dare soluzioni migliori ai problemi nazionali e internazio­nali. C’è chi critica i cittadini per come hanno votato e chi spiega come bisogna comunicare meglio i grandi (?) risultati ottenuti. Noi invece scegliamo un’altra strada: vogliamo ascoltare, elaborare, costruire, unire e poi proporre alla popolazion­e una soluzione alternativ­a credibile e sostenibil­e. Non sarà facile, ma vale la pena di essere della partita.

* Autonomist­i Popolari

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