«Troppi farmaci, degenerazione con conseguenze negative»
Il libro di Bobbio. Quindici milioni di italiani cercano rimedi online
TRENTO Più di 15 milioni di italiani, di fronte un problema di salute, cercano rimedi online. Il dottor Google sta scalando velocemente le classifiche degli specialisti più amati da giovani e meno giovani. Ma attenzione, 8,8 milioni di persone affermano di aver trovato in rete informazioni sbagliate. Informazioni che spesso hanno innescato un processo di sovradiagnosi e di ricorso eccessivo ai farmaci. «Una degenerazione pericolosa sia per le ricadute che provoca nella psiche del paziente sia per le conseguenze che crea a livello fisiologico» afferma Marco Bobbio, cardiologo, autore del libro «Troppa medicina» presentato ieri mattina al Mondadori Bookstore di Trento con la partnership di Altroconsumo.
«Lo spreco di medicine nei Paesi occidentali è paragonabile allo spreco di cibo — spiega infatti Alice Rovati, rappresentante di Altroconsumo Trento — Tutto ciò avviene mentre in molti Paesi al mondo si soffre del problema contrario: la mancanza di cure. È una questione di consapevolezza, informazione e conoscenza». E di giusto mezzo, verrebbe da dire, per non demonizzare la medicina, ma viverla con equilibrio. «La ricerca medica applicata alle nuove tecnologie ha consentito di fare grandissime scoperte, abbiamo la possibilità di curare malattie che fino a qualche tempo fa erano considerate mortali, abbiamo migliorato la qualità di vita di tante persone e con i vaccini riusciamo a prevenire ed evitare molte epidemie, ma gli eccessi sono controproducenti» evidenzia l’esperto. Si pensi all’abuso di radiografie e tac, strumenti diagnostici che bombardano il paziente con milioni di radiazioni e che solo in alcuni casi riescono a identificare patologie in corso. Allo stesso modo, gli antibiotici e i farmaci che se da un lato provano a curare malattie in atto, dall’altro riducono l’efficacia del sistema immunitario di ogni individuo. Senza contare che molto spesso — si pensi agli anziani — la dieta farmacologica è così ricca da portare il paziente ad assumere delle pillole che limitino l’effetto di altre pillole. Insomma, il rischio è quello di creare un cortocircuito in cui le uniche a guadagnarci sono le industrie farmaceutiche che già lavorano alacremente per aumentare il mercato dei malati.
Ma c’è di più, gli esami, anche i più precisi, non riescono a raggiungere la perfezione, sono soggetti all’interpretazione del medico (studi dimostrano che su una stessa radiografia la concordanza da parte dei radiologi è appena del 50%) e possono evidenziare problemi che in realtà tali non sono. Tutto ciò porta le persone ad auto-convincersi di essere malate. «Viviamo nella società dei “sani-preoccupati”, persone che pur essendo in salute trascorrono la maggior parte del proprio tempo a preoccuparsi di come vivere più a lungo e di come risolvere malattie immaginarie» denuncia il dottore. Ma qual è la cura per questa ipertrofia medica? «La “slow medicine” — assicura Bobbio — una forma sobria, rispettosa e giusta che promuovendo la sostenibilità e l’equità dei sistemi sanitari torna a mettere il paziente al centro».