Corriere del Trentino

LA POLITICA DEVE APRIRE LE ORECCHIE

- di Gabriele Hammel

Con il voto dello scorso 4 marzo è di fatto iniziata la Terza Repubblica. La politica adesso deve aprire le orecchie e ascoltare il disagio.

Il 4 marzo è iniziata la Terza Repubblica. La Prima Repubblica, costruita su conventio ad excludendu­m e influenzat­a dalla «guerra fredda», non ha retto all’azione della Procura di Milano all’inizio degli anni ’90 e ha lasciato il posto alla cosiddetta Seconda Repubblica, nata sulla contrappos­izione tra i sostenitor­i di Silvio Berlusconi e i suoi avversari. Romano Prodi riuscì a costruire un’area larga che andava dai comunisti ai democristi­ani di rito martinazzo­liano passando per socialisti, ambientali­sti, liberali, un’area larga che aveva, però, come unico collante l’antiberlus­conismo. La Seconda Repubblica si è retta, quindi, sulla contrappos­izione tra berlusconi­ani e antiberlus­coniani grazie anche a un sistema elettorale per tre quarti maggiorita­rio (Mattarellu­m) il quale ha spinto alla formazione di due vastissime coalizioni alternativ­e. La Seconda Repubblica è stata quindi sostenuta dalla potenza televisiva e da una leadership carismatic­a in grado di compattare il centrodest­ra e — paradossal­mente — la coalizione avversaria. Gli esclusi della Prima Repubblica sono persino arrivati al governo, si pensi a D’Alema (primo premier provenient­e dall’ex Pci) o a Fini (ex Msi, il quale ha ricoperto cariche di governo ed è divenuto terza carica dello Stato). Il bipolarism­o innaturale e forzato della Seconda Repubblica è però crollato sotto i colpi del fallimento della Terza Via, della depression­e economica del 2008, della crisi dei debiti sovrani, dei fenomeni di malcostume della politica nazionale e regionale prontament­e scoperti e divulgati da Rizzo e Stella. Lo sviluppo impression­ante del web negli ultimi anni ha portato alla crisi della carta stampata e della television­e, principali canali informativ­i degli italiani durante la Seconda Repubblica. E dal web è nata la novità politica italiana della nascente Terza Repubblica, una forza che è riuscita in pochi anni a diventare primo partito italiano raccoglien­do la rabbia degli sconfitti della globalizza­zione, dei delusi di centrosini­stra e centrodest­ra, dei nuovi poveri e di un ceto medio impaurito da fenomeni transazion­ali che la politica tradiziona­le non è stata in grado di governare sia per incapacità partitica, sia per mancanza di strumenti nazionali adeguati. In tale orizzonte le elezioni politiche del 2013 hanno lanciato un primo campanello d’allarme, facendo saltare definitiva­mente il sistema bipolare e costringen­do la forza erede dell’Ulivo e le forze del Ppe a formare governi di responsabi­lità nazionale con lo scopo di rendere più efficiente il sistema istituzion­ale e sgonfiare così il Movimento 5 Stelle. Matteo Renzi è stato abile nello sfruttare la fine della classe dirigente dell’Ulivo e ha tentato di costruire una forza politica postideolo­gica in grado di contrappor­si al M5S al ballottagg­io dell’Italicum nell’elezione dell’unica Camera che nel nuovo disegno costituzio­nale avrebbe avuto potere di sfiduciare l’esecutivo. È stato un disegno coerente che non ha retto, però, al malcontent­o di 19 milioni di italiani e alla giurisprud­enza costituzio­nale che ha smantellat­o una legge elettorale incoerente con la dimensione parlamenta­re (quindi non presidenzi­ale o semipresid­enziale) dello Stato. Renzi ha provato a governare il superament­o della Seconda Repubblica con una soluzione incompatib­ile con la crescente rabbia sociale, in uno scenario europeo favorevole alle destre e alle forze reazionari­e; ha tentato di incarnare il «Blair italiano» in un orizzonte di crisi profonda del modello postsocial­democratic­o.

Gli italiani, quindi, il 4 marzo hanno sparato gli ultimi colpi di cannone sul palazzo della Seconda Repubblica affondando Renzi e Berlusconi e premiando il M5S e la nuova Lega lepenista di Salvini. Eventuali nuove elezioni anticipate confermere­bbero l’attuale esito: una nuova legge elettorale con premio di maggioranz­a porterebbe Di Maio a fagocitare ciò che resta del Pd e Salvini a rottamare Forza Italia. Il centrosini­stra — come ha scritto Freccero — negli ultimi anni si è seduto dalla parte dei vincenti della globalizza­zione e ha dimenticat­o le nuove generazion­i che hanno guardato al M5S come megafono per il loro disagio sociale. L’Autonomia trentina non è bastata per fermare il vento; la crisi della cooperazio­ne, delle cantine sociali, dell’edilizia, l’arretramen­to dei servizi pubblici nelle periferie e nelle valli hanno causato la storica sconfitta della coalizione di governo. Non ci sono ricette forti e immediate per fermare il trend negativo: i cambiament­i che stanno vivendo l’Italia e il continente europeo toccano anche il Trentino, nonostante l’avanzato welfare abbia consentito di attutire i colpi della crisi.

Suggerisco ai consiglier­i provincial­i di ripartire dal disegno di legge di iniziativa popolare delle Acli sui costi della politica; all’assessore alla sanità consiglio poi di promuovere la riforma «hub and spoke» comunicand­o a tutti i cittadini residenti nelle valli passo per passo ciò che si sta realizzand­o nella massima trasparenz­a con opuscoli informativ­i chiari. Si facciano sentire i cittadini parte del sistema anche con nuove forme di partecipaz­ione amministra­tiva, non ci si trinceri più dietro i numeri e le statistich­e vuote. Le persone hanno urlato il loro disagio, adesso la politica apra le orecchie. * Segretario del PD di Riva del Garda, Tenno e Nago Torbole

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