Violenza sulle donne, curati oltre 100 uomini
A Trento il convegno nazionale della rete che si occupa del recupero degli uomini violenti con le donne.
Nella gestione dell’emergenza TRENTO sociale della violenza di genere, il modello maturato negli anni dalla provincia di Trento si pone come esempio di best practice a livello nazionale. «La messa in rete di istituzioni e associazioni che si occupano di dare sostegno a donne vittime di maltrattamenti è ottima», evidenzia Alessandra Pauncz, dirigente della rete di coordinamento dei centri per autori di violenza in Europa.
Per questa ragione Trento è stata scelta come vetrina per «Relazioni libere dalle violenze: una sfida per il cambiamento maschile», il primo convegno nazionale Relive, la rete che riunisce i 21 centri italiani che si occupano di avviare percorsi per il recupero e responsabilizzazione di uomini autori di violenza nei confronti di donne. Che il modello trentino sia rodato ed efficace si vede dal fatto che il numero di ammonimenti del questore è alto. Nel 2016 ne sono stati presentati circa 235 sul territorio provinciale. Prospetto di «un sistema in grado di agire in prevenzione, e non solo a maltrattamento avvenuto», spiega Sara Ferrari, assessora alle pari opportunità della Pat. «Nel resto d’Italia — fa il confronto Alessandra Pauncz — le percentuali di applicazione dell’ammonimento sono molto più basse».
A livello nazionale al percorso di cambiamento antiviolenza hanno aderito più di mille uomini, la metà arrivata ai centri spontaneamente, la restante parte inviata a parteciparvi dai servizi sociali o dai centri antiviolenza. In Trentino il programma Cambiamenti dalla Provincia, è gestito dalla Fondazione Famiglia Materna. Una volta preso in carico, l’uomo viene inserito in un gruppo col quale partecipa, per un periodo di tempo che va dai sei ai dodici mesi, ad incontri psicoeducativi.
«Dal 2012, quando è stato avviato il servizio, abbiamo preso in carico 109 uomini — spiega il presidente Antonio Planchenstainer —. Negli ultimi tre anni, invece, abbiamo raccolto un totale di 227 chiamate, di cui 66 direttamente da uomini autori di violenza». La presa di coscienza diretta, quindi, rimane una fetta ancora ridotta del fenomeno. «Non ci sono ancora dati che confermino l’efficacia di questi percorsi — spiega Alessandra Pauncz — Tuttavia, abbiamo potuto notare che dopo i primi due mesi di lavoro generalmente le violenze fisiche sulle partner cessano».
I tempi si allungano per eliminare quelle psicologiche, «che dipendono più dalle disposizioni caratteriali del singolo». Produrre un cambiamento negli uomini si scontra con alcune difficoltà, quali «l’incapacità che spesso hanno gli autori di atti violenti a ricostruire consapevolmente certi episodi di violenza». Violenza che, in Trentino come a livello nazionale, viene perpetuata nella maggior parte dei casi nei confronti di partner o ex partner. Non è possibile, però, tratteggiare l’identikit del maltrattante. «Dai dati emerge il ritratto di un uomo come tanti, di mezza età, occupato e sano di mente ma che vive in un contesto sociale fragile», commenta An- tonio Planchenstainer. Età, occupazione, grado di istruzione e situazione familiare non sono fattori determinanti il compiere violenze. Così come la provenienza. Infatti, il 65% degli uomini che in provincia di Trento hanno preso parte al percorso Cambiamenti è cittadino italiano, mentre il restante 35% coinvolge stranieri. Anche la fedina penale sembra essere trasversale alla violenza di genere: «Il 90% di chi ha maltrattato una donna non ha precedenti penali e solo il 43% è già stato denunciato». Il fenomeno sembra invece avere un’incidenza intergenerazionale più spiccata, dato che il 29% degli uomini trattati ha detto di aver subìto o assistito da bambino a episodi di violenza domestica.
Pauncz La collaborazione tra istituzioni che danno sostegno alle donne vittime di maltratta menti in Trentino è più che ottima Il convegno Trento è stata scelta come vetrina dai centri italiani che si occupano di recupero