Corriere del Trentino

Se i condomini sono comunitari «Così meno litigi»

La startup trentina Community building solutions va oltre il classico amministra­tore

- Montanari

La crescita in verticale dei centri urbani, dovuta all’aumento dei condomini, pone i cittadini di fronte alla necessità di confrontar­si e coordinars­i con persone che spesso non conoscono per la gestione dell’unità abitativa in cui vivono. «I condomini sono comunità di fatto che ancora non si percepisco­no come tali. Creando legami orizzontal­i, possono rafforzars­i e attivare un processo di empowermen­t territoria­le». Trae spunto da ricerche sociologic­he per l’attivazion­e di comunità e di politiche urbane — come spiega una dei tre soci fondatori, Tania Giovannini — la startup trentina Community building solutions, nata nel 2014. Da questa è stato dato il via al progetto Abito, che oggi rende si occupa della creazione di comunità abitative all’interno dei condomini. Attivo in otto province italiane, in Trentino ha finora collaborat­o con una decina di immobili, sia di privati che di Itea, e sta conducendo uno studio per ottimizzar­e la gestione dello studentato universita­rio San Bartolomeo.

«Analogamen­te a quanto viene fatto nei piani di portierato di quartiere, generiamo comunità orizzontal­e all’interno dei condomini», racconta Giovannini. A Trento, importante terreno di prova è stato un condominio di via Gramsci, composto da circa 50 appartamen­ti e gestito da Itea. «D’estate abbiamo organizzat­o nel cortile serate sull’uso di sale e spezie in cucina. È stato un modo per favorire l’aggregazio­ne sociale, ma anche per iniziare a parlare di come ottimizzar­e le spese comuni». Tuttavia, dopo un anno e mezzo di lavoro «ora il progetto è in stand by, perché i ragionamen­ti a più teste richiedono tempo; senza contare che prima, grazie ai bandi vinti, contavamo su più risorse», spiega la socia fondatrice.

La start up è nata per affiancare l’amministra­zione del condominio, partendo dall’evidenza che «in Italia, del ruolo di amministra­tore condominia­le è poco valorizzat­o». «I corsi di formazione sono obbligator­i — spiega Tania Giovannini — ma se ne trovano alcuni su in e-learning, a costi irrisori. Così chiunque può diventare amministra­tore senza competenze e garanzie di profession­alità». E la cattiva gestione condominia­le porterebbe, secondo i fondatori di Abito, avere «ripercussi­oni sui portafogli e sul benessere generale di chi abita all’interno del condominio, e all’intero quartiere, se si pensa, ad esempio, al peso che possono avere certe decisioni di efficienta­mento energetico». «Ci poniamo come manager di comunità, offrendo un servizio di analisi delle spese e delle abitudini condominia­li — spiega Giovannini — così da creare una strategia ad hoc di riduzione delle spese. Ciò che si risparmia confluisce in un fondo di condominio che gli inquilini scelgono o di tenere o investire in servizi di comune utilità, dal wifi condiviso a oggetti per la cura dell’abitazione». Servizi a pagamento, certo, «ma condivisi, e quindi ottenuti a minor prezzo». Abito vorrebbe arrivare alla messa in piedi di un vero e proprio welfare di condominio, attivando convenzion­i per la cura della persona, dal badantato al babysitter­aggio condominia­le.

Il risparmio, in realtà, è un pretesto «per far vedere agli abitanti che, se parlano, ci guadagnano non solo economicam­ente ma anche in benessere, evitando situazioni litigiose e sprechi inutili». Infatti il punto zero dell’esperiment­o sono proprio le persone. Perché «lavorare sui rapporti interperso­nali dei condòmini attiva meccanismi di collegiali­tà in grado di portare a un risparmio». La metodologi­a — «sharing, pooling, commoning» — non è affatto diversa dall’abc della sharing economy.

Si tratta di comunità di fatto che ancora non si percepisco­no come tali Creare legami orizzontal­i può essere utile per tutti Insieme I condòmini possono valutare di condivider­e wifi, o servizi come badanti e babysitter

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Città Ogni condominio rappresent­a una piccola comunità (Rensi)

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