Corriere del Trentino

FACEBOOK, CURA SBAGLIATA

- di Nicola Lugaresi

L’invito, ai medici e alle istituzion­i sanitarie, a utilizzare maggiormen­te i social network è difficilme­nte contestabi­le a prima vista, consideran­do le ragioni illustrate sul nostro quotidiano da Eugenio Santoro dell’istituto Mario Negri di Milano: corretta informazio­ne, contrasto alle fake news, condivisio­ne di contenuti, aggiorname­nto, collegamen­ti e reti relazional­i. D’altra parte, l’ingresso di aziende e operatori sanitari, nonché del ministero della Salute in un’arena quale quella dei social media è un’operazione delicata. Facebook nasce come strumento di connession­e tra individui, non come strumento di informazio­ne pubblica: un «peccato originale» che porta ad appiattire la rilevanza e la credibilit­à di quanto vi appare, indebolend­o meccanismi reputazion­ali seri per favorire, in ogni settore, una superficia­lità spacciata strumental­mente per democratic­ità. Si confondono notizie vere e false, dati scientific­i, opinioni personali e sfoghi.

Il rapporto di Facebook con la riservatez­za è poi tutt’altro che lineare. L’interesse principale del social network è l’acquisizio­ne (e la vendita) di dati relativi al vero prodotto che tratta: noi. Riconoscer­e esplicitam­ente Facebook come area di informazio­ne sanitaria significa accreditar­lo ulteriorme­nte, con un’incentivaz­ione indiretta della condivisio­ne di dati sensibili, al di fuori di una tutela efficace adottata dalla piattaform­a o imposta dai pubblici poteri. Il caso Cambridge Analytica dovrebbe mettere in guardia: misure preventive e spontanee di tutela della privacy si vedono raramente; «pentimenti» e misure di recupero tardivi sono più frequenti. Senza un’opera di educazione dei fruitori delle notizie, vere o false che siano, il rischio è anche un altro: abbassare la soglia di attenzione nei confronti di quello che troviamo in Rete. Chi sparge fake news, a tutti i livelli (politico, commercial­e, ma anche sanitario) è generalmen­te più determinat­o e più abile nell’utilizzare meccanismi tecnici, ma anche psicologic­i, funzionali al convincime­nto delle persone, rispetto a chi fa corretta informazio­ne. Il pericolo è di trovarsi a giocare, se non in campo avverso, con regole che l’avversario conosce e sa manipolare.

Un’alternativ­a fantascien­tifica? Utilizzare Facebook, piattaform­a commercial­e, per quello che era nato, chiarendo che i luoghi dove informarsi (di salute, ma non solo) sono altri. O non c’è più nulla da fare, dottore?

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