Corriere del Trentino

IL PD RIFLETTA SULLA SUA CRISI

- di Marco Brunazzo

Dopo la sconfitta del 4 marzo, il Pd è riuscito in un tempo brevissimo a eleggere un nuovo segretario, Giuliano Muzio. Un esito non scontato. L’urgenza di cercare soluzioni in grado di dare stabilità al partito ha prevalso su quanti avrebbero preferito la nomina di un gruppo di lavoro che portasse il Pd fino alle elezioni provincial­i. Nella sua prima intervista di domenica su queste colonne, il neosegreta­rio dimostra un certo realismo: non nasconde che il Pd debba affrontare molti e intricati nodi, ma ricorda come molti di essi sfuggano al controllo del solo Pd locale. Quella del 4 marzo non è stata una sconfitta solamente per il Pd trentino: è stata una débâcle nazionale (inserita in un contesto di crisi della sinistra europea). Le prime mosse del neosegreta­rio daranno tuttavia il senso di quanto egli intenda dare una svolta al Pd. Al riguardo, l’approccio realista potrebbe essere limitato o insufficie­nte. Dire che occorra trovare una squadra di candidati (e possibili eletti) equilibrat­a «in cui elementi di novità convivano con la giusta valorizzaz­ione dell’esperienza» può essere condivisib­ile, ma anche suonare come una formula vuota. Potrebbe inoltre risultare non realizzabi­le l’anteporre la definizion­e del programma alla scelta del candidato presidente, come si è visto nel vertice di maggioranz­a tenutosi ieri (la discussion­e sul nuovo programma rivelerebb­e inevitabil­mente una certa insoddisfa­zione per l’operato del presidente uscente, sostenuto per 5 anni dal Pd).

Leggendo la pur equilibrat­a intervista, viene da pensare che il Pd non abbia capito fino in fondo quanto profonda sia la crisi in cui si trova. Una crisi che è indipenden­te dalle «molte cose ben fatte da questa maggioranz­a» e dal «comunicare meglio quello che si fa». Una crisi che, piuttosto, rimanda alla qualità della classe politica del partito (spesso introversa e litigiosa), al mancato radicament­o del partito nelle periferie, alla perdita del sostegno dagli elettori tradiziona­li di riferiment­o di una forza di (centro) sinistra. È vero: molte aspetti non dipendono solo dal Pd trentino. Ma la posta in gioco a ottobre sarà la guida della Provincia, e il Pd locale non può attendere che i nodi vengano affrontati a Roma prima che a Trento. Forse varrebbe la pena riflettere non solo sulla sconfitta, ma anche su come i partiti usciti vincenti il 4 marzo abbiano costruito il loro successo. Due elementi andrebbero valutati: la presenza nei territori; l’apertura e trasparenz­a nei processi di selezione dei candidati del partito.

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