Cooperazione internazionale, ecco i sette saggi
Il direttivo ha individuato sei nomi su sette: Bonvicini, Caracciolo, Diani, Fracasso, Tubino, Woelk
Manca un solo nome, femminile, al comitato scientifico del Centro cooperazione internazionale. Tra i sei individuati, Lucio Caracciolo, direttore di Limes, e lo studioso Gianni Bonvicini
TRENTO Manca un solo nome per il varo del nuovo comitato scientifico del Centro per la cooperazione internazionale (Cci). Ieri pomeriggio il direttivo ha condiviso sei figure, dando mandato al presidente Mario Raffaelli di individuare entro la seconda metà di maggio, insieme al vice Marco Tubino, il settimo nome. L’indicazione è che sia una donna, naturalmente di competenze di alto profilo, al pari degli altri esperti già individuati. Tra questi c’è Lucio Caracciolo, direttore e fondatore della rivista geopolitica «Limes». In squadra entrano inoltre Jens Woelk, referente della Conferenza delle minoranze linguistiche, e Gianni Bonvicini, consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali (Iai) di Roma. Dall’università di Trento arrivano Mario Diani, direttore del dipartimento di Sociologia, e Andrea Fracasso, guida della Scuola di studi internazionali. Sempre dall’ateneo trentino arriva Tubino, indicato come rappresentante del direttivo del Cci nel comitato scientifico. Nella seduta di ieri non si è discusso solo di nomine. Sono stati definiti i criteri guida della programmazione triennale delle attività, di cui il 2018 è il primo in cui vi è piena integrazione tra lo storico Centro per la formazione alla solidarietà internazionale e l’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (Obct). Questo significa, non solo, la continuità del lavoro avviato nelle precedenti gestioni, ma l’avvio di una progettazione pienamente condivisa tra le due unità che hanno originato il Cci. «Partiamo dal Trentino — spiega Raffaelli — per cercare di proiettare all’esterno le eccellente del territorio. E’ opportuno che il Cci si confronti con Confindustria e Trentino Sviluppo per promuovere un modello di internazionalizzazione responsabile». Una scommessa economica che, insieme al lavoro su fondi e progetti europei, si lega ai settori, da sempre, cardinali come le attività di educazione allo sviluppo e promozione dei diritti umani, coinvolgendo l’opinione pubblica con iniziative specifiche.