UN RINNOVATO PROTAGONISMO
Afronte di una politica trentina che fatica ancora a metabolizzare il voto del 4 marzo (vale per vincitori e vinti), ci sono altri attori sociali — dalla Cooperazione, alla Curia e, in parte, anche all’Itas — che hanno imboccato la strada di un cambio di rotta: vuoi per necessità (la Mutua), vuoi per scelta (Federcoop e diocesi). Difficile oggi decifrare le ricadute di simili trasformazioni. Va però sottolineata la presa d’atto che rimanere fermi equivale a essere emarginati, tagliati fuori da un mutamento sociale in corso, e non da oggi; pertanto non resta che recuperare a pieno titolo un protagonismo attivo in modo da accompagnare e governare il nuovo che avanza.
La riorganizzazione del mondo cooperativo costituisce uno dei passaggi più delicati e attesi. Il piano elaborato dal direttore Alessandro Ceschi s’intreccia con l’inizio della fase elettorale che porterà alla nomina del nuovo presidente. Passaggio non scontato, che vede cinque candidati in lizza: sullo sfondo si staglia già un duello tra Ermanno Villotti e Marina Mattarei. Chi uscirà trionfatore si troverà a dover applicare il riordino firmato Ceschi che inciderà sull’intera struttura. La novità più impattante riguarda la creazione di un’area istituzionale. Messa così, potrebbe apparire l’ennesima trovata per dire tutto e niente. Filtrandola con gli occhi dei cooperatori significa invece dare corpo a una pressante richiesta proveniente dal basso: recuperare autorevolezza. Si è alzato forte e chiaro l’appello alla struttura a tornare a fare lobby, a curare i propri interessi, a guadagnare insomma «rispetto» a prescindere da chi si trova al governo. Un paradigma opposto a ciò che abbiamo osservato in passato, dove la Cooperazione è sempre stata una sorta di braccio operativo e culla del potere targato Dc e post-Dc. Il Patt ha provato a incunearsi, ma si è arreso a una chiara evidenza: non avere mai rivestito un ruolo da interlocutore privilegiato per quel specifico mondo.
La necessità di ricostruire un percorso dal basso chiama in causa anche la svolta della Curia promossa dal vesco Tisi. Non c’è la necessità di creare lobby, piuttosto l’urgenza di rapportarsi in maniera agile con una comunità in perenne trasformazione. «Meno uffici e più dialogo diretto» potrebbe essere il motto diocesano. Cooperazione e Curia, dunque, provano a voltare pagina. La politica, da par suo, preferisce ripiegare su se stessa, aspettando incautamente un qualsiasi Godot.