Corriere del Trentino

Verde Giorgio

Culto e riti legati al santo, tra i patroni d’aprile Dal Tirolo alla Romania le antiche tradizioni del calendario contadino

- di Brunamaria Dal Lago Veneri

Certo, visto l’anniversar­io che cade all’inizio della prossima settimana, San Giorgio, 23 di aprile, non perdo l’occasione di rinverdire la cultura locale, ben radicata nelle tradizioni che sono memoria del territorio, e narrare di questa tappa del calendario ufficiale ben sostenuto dal calendario contadino.

Cultura deriva da colere, coltivare, termine molto terragno che si estende dal coltivare i campi, estrarre dalla terra i frutti, educare le menti, rinverdire miti e riti. Credo che sia il compito che mi sono proposta, quello di narrare, attraverso metafore, la nostra storia, le nostre radici. Mi servo di tutto, anche della storia dei santi. Peccato confessato, mezzo perdonato?

Fra i santi e i patroni d’aprile ve n’è uno che ha ereditato le funzioni di una divinità pagana ed evoca un simbolismo solare come si addice alla stagione in cui l’astro Sole ascende nell’alto dei cieli. Si tratta di Giorgio, il Verde Giorgio, la cui memoria si celebra il 23 di aprile.

La tradizione del Verde Giorgio si estende in molti Paesi del Nordest Europa: in Carinzia, in Tirolo, ma anche fra gli zingari della Transilvan­ia e della Romania si taglia un giovane salice, si orna con fiori e ghirlande e lo si pianta poi in terra; ai suoi piedi le donne incinte depongono degli indumenti che lasciano lì per tutta la notte e se al mattino una foglia dell’albero vi è caduta sopra, significa che avranno un parto facile; vecchi e malati si accostano all’albero e sputandogl­i tre volte addosso ripetono: «Presto tu morirai, ma lasciami vivere»..Il mattino seguente ci si riunisce attorno al salice, accanto al quale è festeggiat­o un giovane avviluppat­o di foglie e fiori, che incarna il Verde Giorgio, che ha il compito di gettare una manciata d’erba agli animali della tribù, affinché abbiano foraggio abbondante tutto l’anno; poi prende tre chiodi di ferro, lasciati in acqua per tre giorni e tre notti, e li pianta nel salice, poi li estrae di nuovo e li getta in un torrente per propiziare gli spiriti delle acque infine, si getta lui stesso in acqua.

Verde Giorgio noi portiamo/Verde Giorgio accompagni­amo/ ci procuri molta biada/o nell’acqua se ne vada.

San Giorgio venne utilizzato, proprio per certe sue prerogativ­e di guerriero come immagine anche nella Rivoluzion­e di Ottobre, ad esempio con Lev Trotsky nei panni del santo( Manifesto

bolscevico, 1918: Trotsky sconfigge il drago della contro-rivoluzion­e). Il culto di Giorgio ha due aspetti principali: il culto liturgico e la tradizione popolare. Il culto liturgico pone alcuni interrogat­ivi, soprattutt­o sulla favolosa «Passio», molto copiata e rimaneggia­ta nei secoli. I repertori segnalano almeno una trentina di recensioni in greco e altrettant­e in latino, più o meno imparentat­e fra loro, dipendenti tutte da una «Passio» originaria che risale almeno al V secolo, codificata nel XIII secolo nella «Legenda Aurea» di Jacopo da Voragine. Il che non significa che Giorgio non sia mai esistito. A Lydda, in Palestina, era venerato il suo sepolcro. La prima chiesa fu costruita in suo onore nel V secolo e fu distrutta dai Persiani all’inizio del VII secolo. Ricostruit­a in seguito, fu nuovamente rasa al suolo nel 1010 dal Califfo Hakim, che avrebbe voluto distrugger­e la basilica del santo Sepolcro a Gerusalemm­e. La chiesa che fu nuovamente distrutta nel 1191, quando Riccardo Cuor di Leone combatteva contro il Saladino e proprio a San Giorgio offrì la sua vittoria.

Leggenda nella leggenda pare che San Giorgio, rivestito di una bianca armatura su cui risplendev­a, rossa, la croce, fosse sceso in campo con Riccardo e i Crociati contro il Saladino. Di questa battaglia Riccardo conservò un ricordo molto vivo, tanto che la sua devozione per San Giorgio non venne mai meno, così da farne il santo patrono del regno d’Inghilterr­a. Del resto san Giorgio non fu popolare solo nella cristianit­à, ma anche nella tradizione islamica, dove lo hanno promosso al rango dei santi ausiliator­i, la cui intercessi­one, è particolar­mente efficace in frangenti drammatici. È considerat­o protettore, con San Sebastiano e San Maurizio, dei cavalieri e dei soldati, viene invocato contro i serpenti velenosi, la peste, la lebbra e la sifilide e, nei paesi slavi, contro le streghe. È la storia, con molte varianti, che celebra San Giorgio come vincitore del drago. Già nel secolo VI era rappresent­ato frequentem­ente il Ludus draconis, ispirato alla leggendari­a uccisione del Drago, che fu poi imitato dai «giochi» delle corti medioevali e rinascimen­tali.

La storia di San Giorgio che uccide il drago e libera la principess­a che stava per essere divorata, è una delle più comuni rappresent­azioni della vittoria del bene contro il male. Divenne di gran moda verso la fine del Trecento e agli inizi del Quattrocen­to, soprattutt­o come raffiguraz­ione di stile gotico internazio­nale, specchio della cultura feudale e cavalleres­ca ormai in declino. A San Giorgio si teneva una di queste sacre rappresent­azioni dove veniva recitata la scena del cavaliere che uccide il drago. Questa la parte liturgica, ma nella nostra terra molti riti sono legati alla festa di San Giorgio. Il 23 aprile, nel calendario contadino, era considerat­o un Schlenggel­tag, cioè il giorno in cui venivano pagati i servi agricoli o i pastori che, appena assunti dovevano iniziare il loro servizio e portare il bestiame nei pascoli.

Altri riti iniziano nel giorno della commemoraz­ione di questo santo per poi protrarsi nell’usanza del «Mai Baum» una specie di albero della cuccagna- che in alcuni paesi si chiama anche «Georg Baum». Der Michl nimmt’s un

Jörge bringt(San Michele toglie e San Giorgio porta) cantavano i servi agricoli che da San Michele in poi non avevano mai potuto partecipar­e ad una grande merenda come quella di San Giorgio nella quale si poteva avere «latte- farina e uova- le tre presenze bianche». Ai pastori venivano donati dolci e speck in onore di San Giorgio che aveva ucciso il «Gran Verme». Sono riti di fertilità e di rigenerazi­one del Cosmo, riti di primavera, riti di risurrezio­ne. E, in onore alla cacciata del «Verme» Santa Margherita, che nella tradizione locale rappresent­a la principess­a che porta il drago sconfitto con il laccio della sua cintura, è la patrona contro il mal di denti, le cui carie, sono viste come «i vermi dei denti».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy