NEGOZI APERTI E VITE FAMILIARI
Èincominciata, una decina di anni fa, con i turni. Apertura dei supermercati una domenica al mese: decisione rivoluzionaria, accolta con grande favore da parte del pubblico, specialmente quello di città o comunque dei luoghi con alta percentuale di donne occupate fuori casa, per le quali l’uscita dal lavoro coincideva con la chiusura dei negozi. Poi è intervenuto il provvedimento del governo Monti che ne ha liberalizzato l’orario, così ora ipermercati, supermercati, centri commerciali ma anche piccoli negozi rimangono aperti in numero crescente tutte le domeniche e le feste, comprese le ricorrenze un tempo considerate forse più «intoccabili» di quelle religiose, come il 25 aprile e il Primo maggio. Le famiglie, da parte loro, sembrano soddisfatte dell’innovazione. Infinitamente distanti appaiono i tempi, in realtà neppure tanto lontani, quando in provincia di Bolzano ma anche in alcuni centri del Trentino al sabato pomeriggio i negozi normalmente chiudevano, su esempio di un uso abbastanza diffuso, ancora adesso, in Austria.
Tornando alle famiglie, l’apprezzamento per la possibilità di fare la spesa anche nelle festività potrebbe essere in calo: sono infatti sempre più numerosi i nuclei di cui un componente, soprattutto donne, deve andare al lavoro anche nel settimo giorno, e nella nostra regione sono già settantacinquemila tra commercio e turismo. Inutile dire che i rapporti di coppia nonché tra genitori e figli, spesso già ridotti soltanto alle ore del fine settimana, ne escono ancora più sacrificati. La scelta di lavorare o meno la domenica e nelle ricorrenze deve comunque essere libera, sostengono i sindacati, e in verità ciò sembrerebbe il minimo sindacale. Nella realtà però non soltanto è probabile che un rifiuto, magari ripetuto, non venga preso bene, ma lo straordinario festivo è spesso praticamente irrinunciabile visto che in molti settori gli stipendi risultano fermi a una ventina di anni fa, a volte addirittura in calo, altre addirittura da fame. Succede per esempio ai ragazzi che sfrecciano in bici o in auto per consegnare pasti a domicilio, ormai numerosissimi pure da noi: 5 euro l’ora è il guadagno medio. L’impressione è che, rispetto ai nuovi scenari occupazionali, il sindacato sia rimasto indietro e, forse disorientato dalla velocità del cambiamento, non abbia sin qui trovato le giuste risposte a problemi finora abbastanza sconosciuti. Urgentissimo sarebbe un aggiornamento.