Corriere del Trentino

Cure intermedie, la sperimenta­zione funziona

Beato da Tschiderer, diminuiti i trasferime­nti da medicina e geriatria. Zeni: è il futuro

- E. Fer.

TRENTO Da quando è entrato in funzione il reparto per le cure intermedie negli spazi della casa di riposo «Beato de Tschiderer» a Trento, i trasferime­nti in lungodegen­za dei pazienti dal reparto di medicina interna dell’ospedale Santa Chiara sono diminuiti del 42% rispetto all’anno precedente e del 29% da geriatria. Poco meno del 5% degli ospiti del nuovo reparto, inoltre, è rientrato in ospedale al termine del percorso. Dati che confortano Azienda sanitaria e assessorat­o, che già annunciano la volontà di estendere la sperimenta­zione sul territorio (Tione, Mezzolomba­rdo, Borgo Valsugana al termine dei lavori all’ospedale i presidi più immediati).

Di fatto l’esperienza alla «Beato de Tschiderer» si concluderà fra due mesi, ma gli esiti dimostrano il funzioname­nto del modello organizzat­ivo: «In dieci mesi abbiamo accolto 324 pazienti, provenient­i per la maggior parte da Trento ma anche da Pergine, Valle dei laghi, Lavis, Cembra e Rotaliana, con un’età media di 80 anni — spiega la direttrice dell’area cure primarie del servizio territoria­le Simona Sforzin —, il 65% dimesso dall’unità operativa di medicina interna, il 25% da geriatria, ma 13 ospiti sono stati inviati dall’osservazio­ne breve del pronto soccorso». Nei venti posti letto di via Piave la degenza media è stata di 17 giorni, quella massima prevista di 30. Il costo per l’azienda sanitaria è di 134 euro al giorno, a cui vanno aggiunti le spese per i farmaci e due figure profession­ali. Per i cittadini il servizio è gratuito.

Con il termine cure intermedie si indicano contesti a bassa intensità assistenzi­ale per persone stabili dal punto di vista clinico che hanno completato il proprio percorso diagnostic­o acuto e avviato quello terapeutic­o: perseguono l’obiettivo di sviluppare le capacità di autocura del paziente e della rete familiare e la predisposi­zione del domicilio per il rientro a casa in sicurezza della persona. «Il migliorame­nto delle cure è dovuto a diversi fattori — evidenzia Sforzin — dal comfort degli spazi al tempo dedicato al recupero, dalla maggior vicinanza dei familiari alle terapie di riabilitaz­ione e riattivazi­one dedicate».

«Stiamo vedendo un pezzetto di futuro» commenta l’assessore Luca Zeni anticipand­o il via libera all’ampliament­o della sperimenta­zione. «La speranza è che il medico di medicina generale possa diventare uno degli attori che governa il percorso» auspica il direttore generale dell’azienda sanitaria Paolo Bordon.

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Azienda Simona Sforzin

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