«Fuori campo» denuncia: migranti bloccati, ostaggi
Medici senza frontiere presenta il dossier: 10.000 persone distribuite in dieci insediamenti
Il sistema di accoglienza BOLZANO italiano ha seri problemi in termini di capacità. Negli ultimi anni, anche in seguito agli accordi con la Libia, gli sbarchi di migranti sono diminuiti ma le richieste d’asilo sono aumentate, a dimostrazione che il problema è molto più complesso. Problematica risulta anche la struttura emergenziale del sistema: il rapporto fra strutture d’emergenza e centri Sprar sarebbe di 8 a 2. Si è continuato ad agire in situazione di emergenza, con il risultato di avere un sistema di accoglienza che vive dello sfruttamento delle persone. Fortunatamente esempi di solidarietà arrivano dal basso, con la società civile che si mobilita per offrire servizi e sportelli informativi che sarebbe auspicabile fossero parte del sistema di accoglienza nazionale.
Fenomeni che toccano anche la realtà altoatesina, dove cresce il numero dei migranti bloccati a Bolzano, spesso respinti alla frontiera in maniera sommaria, senza la possibilità di manifestare l’intenzione di richiedere asilo. E chi arriva nel capoluogo autonomamente, ossia al di fuori dei trasferimenti disposti dal Ministero, non ha diritto a un posto in accoglienza per effetto della «circolare Critelli».
Questo, in sintesi, il contenuto di «Fuori campo», il secondo rapporto annuale di Medici senza frontiere, presentato ieri sera al Vintola e che offre una «mappatura della marginalità» di chi si vede negata la richiesta d’asilo politico (o che è in attesa di risposta). Come spesso accade quando si parla di persone, i numeri non possono che essere delle stime. «E in questo caso sicuramente al ribasso — spiega Bianca Benvenuti di Medici senza frontiere —. Grazie alla collaborazione con le associazioni sul territorio abbiamo stimato che il numero di esclusi dal sistema di accoglienza sono almeno 10 mila persone, distribuite in 50 insediamenti». Ma si tratta di una fetta di popolazione difficile da censire, «dal momento che cerca di proposito di essere invisibile e non raggiungi- bile per evitare sgomberi forzati — prosegue Benvenuti —. Troppo spesso il circuito di accoglienza non è in grado di rendere autonome le persone, non riesce a favorirne l’integrazione e spesso è teatro di soprusi». In crescita è il fenomeno dei migranti «in transito», «categoria scomoda che le normative europee non vogliono riconoscere, nella convinzione di riuscire così a evitare i movimenti secondari. Un fenomeno che tocca soprattutto le città di confine, con migranti che vivono all’aperto o in edifici occupati, sottoposti a numerose tipologie di violenza, il che non fa che aumentarne la marginalità».
La denuncia di Yasmine Accardo (Lasciateci entrare) è invece contro i Centri di permanenza per i rimpatri: «Si tratta di strutture peggiori dei carceri, nelle quali vengono rinchiuse persone vulnerabili che spesso non sanno nemmeno perché si trovano lì. Parliamo di persone in attesa di una risposta circa la loro richiesta d’asilo, rinchiusi per periodi interminabili e sottoposti a ingiustizie di ogni genere. Strutture che vanno evitate, non certo fatte proliferare».
Chi è in transito «Categoria scomoda che le normative europee non vogliono riconoscere»