Rossi: «In linea col consiglio» Perini: «La scuola pubblica non è un supermercato» Il caso Fa’afafine vide dimezzata la presenza di studenti
TRENTO Non c’è stato nessun boicottaggio. «In materia di educazione di genere e di contrasto alle discriminazioni, la Provincia ha rispettato l’autonomia scolastica ma soprattutto la libera scelta delle famiglie e si è mossa anche a seguito di specifiche iniziative del consiglio provinciale».
Risponde così il governatore Ugo Rossi al Coordinamento genitori democratici che ha rilevato come la circolare su «progetti e iniziative riguardanti l’educazione di genere» spedita dal presidente alle scuole nel febbraio dello scorso anno abbia, di fatto, dimezzato la presenza degli istituti allo spettacolo
«Fa’afafine» un mese più tardi e intende impugnare le linee guida sul tema (Corriere
del Trentino di ieri). «Sono lieto che il miglior argomento che Rossi porti per giustificare le proprie linee guida sia il non aver fatto altro che ubbidire alla mozione di Borga adempiendo alla “volontà dell’organo istituzionale che rappresenta tutta la comunità trentina, ovvero il consiglio provinciale” — replica Alexander Schuster, referente regionale del Coordinamento — forse qualcuno dovrebbe ricordare al nostro Presidente che siamo uno Stato di diritto e non una democrazia aritmetica e che c’è differenza fra una mozione politica e un atto amministrativo della giunta».
Delle linee guida adottate dalla Provincia lo scorso marzo ha parlato, ieri pomeriggio, durante il workshop «Diritti e doveri nelle scuole della Repubblica», Mario Perini, docente dell’università di Siena che già nel 2016 si era occupato di alcuni interventi regionali seguiti all’approvazione della legge sulla Buona scuola che prevede l’obbligo di inserire nei piani di offerta formativa l’educazione alla sensibilizzazione all’uguaglianza di genere: «Il testo provinciale parifica, ad esempio, l’orientamento religioso al tema dell’uguaglianza, ma sono due cose diverse — spiega — la reli- gione nella nostra Costituzione è rimessa alla libertà dell’individuo, mentre l’uguaglianza non è un’opzione, ma un valore sancito dal primo e secondo comma dell’articolo tre».
Un altro vulnus, secondo il giurista, «è la possibilità di rimettere a una scelta dei genitori la partecipazione o l’astensione del figlio alle iniziative dirette alla sensibilizzazione all’uguaglianza, perché nella scuola pubblica non è qualcosa su cui ci possano essere diversi punti di vista, altrimenti la sua funzione viene snaturata e diventa un servizio al pari di un supermercato».