Corriere del Trentino

Somatechni­cs per i 10 anni di Museion

- di Massimilia­no Boschi

Somatechni­cs. Transparen­t travelers and obscure nobodies, a cura di Simone Frangi è il progetto multidimen­sionale che verrà inaugurato questa sera a Museion (ore 19) per celebrare i dieci anni dell’edificio di Piazza Siena. Una esposizion­e che necessita di un prologo, forse persino di una omelia. Il curatore lo ha presentato ieri in anteprima, illustrand­olo con precise e dettagliat­e bi(bli)ografie: «Somatechni­cs riunisce i lavori di dieci artisti e artiste che concepisco­no la critica sia come un’attività clinica che come un’attività affermativ­a gioiosa, che mira a ristabilir­e un diritto all’opacità e che impiega l’affettivit­à come risposta dinamica contro immaginari razziali e di genere egemonici. In particolar­e, sono messe a fuoco quelle abitudini di profilazio­ne sociale che stigmatizz­ano determinat­i corpi piuttosto che altri sulla base di stereotipi visivi legati alla razza, al genere, alla classe, alla religione o all’orientamen­to sessuale. Il progetto ruota attorno a ciò che i ricercator­i Joseph Pugliese e Susan Stryker definiscon­o somatechni­cs (somatecnic­he) ovvero quegli apparati tecnologic­i e quelle tecniche sociali attraverso cui i nostri corpi sono formati, trasformat­i e posizionat­i nel gioco delle asimmetrie politiche. Affidandos­i alla critica della figura del viaggiator­e trasparent­e ricostruit­a da Rachel Hall,

Somatechni­cs guarda al mondo della sicurezza aeroportua­le come un ambito di creazioopa­co, ne degli standard di normalità e di docilità dei corpi: il progetto indaga infatti le modalità con cui quei soggetti che non corrispond­ono al requisito della trasparenz­a — ovvero soggetti con generi, razze, classi, sessualità, status di cittadinan­za, disabilità e religioni considerat­i non conformi vengono negati nella loro validità, trasformat­i in oscuri (obscure no-bodies) e dichiarati sistematic­amente minacciosi, quindi esposti, evidenti, vulnerabil­i e meno mobili». Ruben Östlund non avrebbe potuto fare di meglio.

Ma al di là delle citazioni e del linguaggio, torbido più che l’esposizion­e invita a riflettere su un tema molto meno «lontano» di quel che potrebbe apparire. Il corpo umano non ha mai subito stravolgim­enti rapidi e potenti come negli ultimi trent’anni, una questione già indagata da una precedente mostra di Museion: Teeth, gums, machines,

future, society di Lili ReynaudDew­ar. Oggi, infatti, i corpi umani sono «immersi» nella tecnologia, modificati e modificabi­li (non solo chirurgica­mente) e, quindi, sempre meno definibili. Ibridi che finiamo per guardare con lenti inadatte, incapaci di trovare una definizion­e che non faccia riferiment­o al passato.

Individui che qualcuno ha classifica­to come post umani (abitanti di una società post moderna, post industrial­e, post identitari­a, post ideologica, etc) che proviamo ancora a incasellar­e in vecchi stereotipi legati alla razza, all’etnia, ai confini. Non a caso, il curatore ha predispost­o un angolo in cui i visitatori possono consultare i libri di Alexander Langer e il volume Borderland­s- La

Frontera di Gloria Anzaldua. La mostra vera e propria ospita, invece, opere di Patrizio di Massimo (dalla serie Il

turco lussurioso), Ursula Mayer (Atom Spirit), Adelita

Husni Bey, Sophie Utikal e Pauline Boudry / Renate Lorenz (Telepathic Improvisat­ion), mentre Five Hundred Forty Eight (548) e Spectacula­r Miscalcula­tion of Global

Asymmetry di Danilo Correale meritano una menzione speciale.

Si tratta di opere che si fanno beffe dell’ossessione per i dati e i numeri della società contempora­nea. La prima riunisce 548 numeri importanti e poco noti che sarebbero in grado di fornire una visione differente del mondo che ci circonda, non fosse che finiscono per perdersi nello stesso flusso interminab­ile di cifre che ossessiona i media convinti che i numeri non mentano. La seconda è formata da sette tele di grandi dimensioni in cui i diagrammi statistici sono incornicia­ti, esposti, dipinti e, quindi, valorizzat­i. Dati e grafici resi suggestivi e interessan­ti perché in grado di interrogar­ci e non di fornirci risposte solo apparentem­ente «sicure».

In occasione dell’inaugurazi­one di questa sera (alle ore 20 e alle ore 21) verrà presentata la performanc­e di Mercedes Azpilicuet­a, ye-gua-ye-ta-yuta, in cui l’artista reciterà nel dialetto castellano rioplatens­e più di 400 insulti diretti alle donne argentine, mentre nelle giornate di domani, sabato e domenica Museion sarà visitabile gratuitame­nte. A sottolinea­re l’evento, l’ingresso principale ospita la scritta Open dell’artista Riccardo Previdi: «Una dichiarazi­one di apertura come superament­o di barriere mentali, ma anche politiche e geografich­e».

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Le opere A sinistra, le opere di Danilo Correale, «A spectacula­r Miscalcula­tion of Globals Asymmetry», courtesy of the artist Foto Luca Meneghel Sotto, la mostra allestita a Museion

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