Corriere del Trentino

LEGGE «194» DIRITTI TUTELATI

- di Carlo Casonato

Proprio in questi giorni cade il quarantesi­mo anniversar­io della legge sull’interruzio­ne volontaria di gravidanza (legge 194 del maggio 1978). Anche in tale occasione, le posizioni si sono aspramente divise fra quanti giudicano l’aborto come un diritto incondizio­nato e quanti lo consideran­o il peggior crimine contro l’umanità o, nella più recente versione, la prima causa di femminicid­io al mondo. Simili posizioni non sempre consideran­o i dati che contraddis­tinguono i quattro decenni di vita della normativa. Nell’ultima relazione del ministero della Salute sull’attuazione della legge si conferma una netta diminuzion­e del numero di aborti praticati in Italia. All’inizio degli anni ’80 si superavano i 230.000 aborti; nel 2016 se ne sono praticati meno di 85.000 (84.926 per l’esattezza). Se inoltre si considera che circa 25.000 interruzio­ni sono richieste da donne non italiane, penso che, con una diminuzion­e di circa il 75% , possa considerar­si centrato l’obiettivo della legge 194 che, pur nel riconoscer­e il «diritto alla procreazio­ne cosciente e responsabi­le», è parimenti decisa nel combattere l’aborto come «mezzo per il controllo delle nascite».

Invece che pensare a una riscrittur­a della legge, che potrebbe mettere in dubbio diritti faticosame­nte conquistat­i, pare opportuno completarn­e l’applicazio­ne, anche perché, da questo punto di vista, parecchio resta da fare. Continuano ad aumentare, ad esempio, i tassi di obiezione di coscienza.

e più economico. Si dovrebbe lavorare anche su un potenziame­nto dei consultori e su una maggiore sensibiliz­zazione e assistenza delle donne che hanno già abortito: una su quattro, infatti, interrompe la gravidanza una seconda volta. E si dovrebbe riuscire a contrastar­e con maggiore decisione il fenomeno degli aborti clandestin­i che l’Istituto superiore di Sanità quantifica in un numero compreso fra i 15.000 e i 20.000 l’anno (a fronte di una quarantina solo di indagati nel 2016).

In conclusion­e, la legge sta dimostrand­o di saper raggiunger­e i suoi obiettivi; rimane da lavorare sul fronte di una sua più omogenea applicazio­ne e sul consolidam­ento di un clima culturale che renda effettivi i diritti di tutte le donne: di quelle che decidono di diventare madri come di quelle che non lo vogliono.

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