«Europa, è arrivato il momento di emergere»
Severgnini sul futuro dell’istituzione: «Il passaggio è serio, ci sono sfide come Trump e Putin»
TRENTO «Europeo, italiano, lombardo, cremasco». Quattro identità, «nessuna in contraddizione con le altre» precisa Beppe Severgnini, che si presenta così sul suo profilo Twitter. Il noto editorialista del Corriere della Sera, direttore del settimanale 7, è intervenuto ieri sera in piazza Santa Maria Maggiore a Trento per la giornata inaugurale del festival Siamo Europa 2018. L’intervento tocca subito una delle questioni più spinose, la Brexit: «Gli inglesi fanno parte dell’Europa, spero che non si pentano troppo della loro scelta» afferma scherzando ma non troppo Severgnini, che per un’ora intrattiene il pubblico con leggerezza anche se, ammette, «il momento è serio in Europa, ci sono sfide che si chiamano Trump e Putin; siamo di fronte a un bivio per emergere, ora o mai più». Parla di attaccamento alle radici Severgnini, ribadisce quanto ci si possa sentire trentini, italiani ed europei al tempo stesso, identità che sono come «i cerchi degli alberi, in dialogo fra loro»; racconta come la generazione di suo padre, la propria e quella dei suoi figli e nipoti abbia beneficiato dell’unità europea, grazie all’assenza di conflitti e alle numerose opportunità in termini di mobilità culturale, professionale, sociale ma an- che sentimentale: «Lo sapevate che il programma Erasmus, creato nel 1987, ha prodotto statisticamente parlando un milione di bambini?». Ma allora perché gli europei si sono man mano disaffezionati all’Europa unita? Severgnini prova a spiegarlo: gestione inadeguata dell’immigrazione, egoismi e astuzie fiscali di alcuni Paesi («Credo a un certo punto di aver pagato in tasse la stessa cifra di Facebook» ironizza), social dumping, Europa come capro espiatorio, scarsa presa del progetto europeo in contesti disagiati, mancata adesione ai valori europei, per concludere infine con una proposta provocatoria per la festa dell’Europa (9 maggio): «È una colossale occasione sprecata, dovremmo chiamarla invece “No Europe day” e per ventiquattro ore annullare tutti i vantaggi derivati dall’Unione Europea: ma ve la immaginate ad esempio l’Inter con soli giocatori italiani?».
Disaffezione I motivi sono egoismi, astuzie fiscali e cattiva gestione del fenomeno dell’immigrazione