Consiglio «paralizzato», è bufera
Legge sulla democrazia diretta, d’ora in poi basteranno 300 firme per ritardare di sei mesi l’entrata in vigore delle norme. Svp divisa
BOLZANO Una sorta di «referendum permanente» su ogni singola legge approvata dal consiglio provinciale, con la possibilità di bloccare per almeno sei mesi — grazie alla raccolta di sole 300 firme di cittadini — l’approvazione definitiva e quindi l’entrata in vigore delle norme. Il rischio di paralisi per l’aula, forse sottovalutato nella lunga fase di elaborazione, fa discutere soprattutto l’Svp. «Cercheremo di correggere il passaggio» affermano l’Obmann Philipp Achammer e il capogruppo Oswald Schiefer. Magdalena Amhof, promotrice del disegno di legge con la verde Brigitte Foppa, difende la scelta. «Sarà uno stimolo per scrivere meglio le leggi e cercare maggioranze più ampie».
A sollevare il caso, con titoli pungenti, è il Dolomiten. L’articolo incriminato è il numero 13 della norma approvata l’altro giorno. «Le leggi provinciali che non sono state approvate a maggioranza di due terzi — vi si legge — possono essere sottoposte a un referendum confermativo. La richiesta va presentata entro 20 giorni dall’approvazione della legge in consiglio». Per farlo, bastano le firme di un terzo (più uno) dei consiglieri provinciali o di 300 cittadini. A quel punto la norma «contestata» finirebbe in freezer per sei mesi: tale infatti è il tempo concesso per raccogliere le ulteriori sottoscrizioni (ne servono 13.000) a sostegno del referendum sulle leggi. E se anche non ci fosse la reale volontà di arrivare a tanto, le 300 firme iniziali basterebbero comunque a ritardare di mezzo anno l’entrata in vigore.
Ce n’è abbastanza per evocare lo spettro di un consiglio paralizzato? «Forse c’è stata una svista nella valutazione dell’articolo — allarga le braccia Schiefer —. Credo che una revisione sia necessaria, anche se a questo punto toccherà al prossimo consiglio che uscirà dalle elezioni del 21 ottobre». Preoccupato anche l’Obmann Philipp Achammer: «Sì, credo che dovremo mettere le mani a quell’articolo». Stupito Christian Tommasini del Pd: «Ma davvero l’effetto è questo? No comment...». Amhof, raggiante per l’insperato ok alla legge sulla democrazia diretta, difende il contenuto. «La possibilità di sottoporre a referendum le singole leggi — puntualizza — era prevista fin dalle prime versioni del testo, risalenti a un anno fa. A mio avviso è una buona idea: saremo stimolati a scrivere meglio le norme e a cercare ampie convergenze. Consiglio paralizzato? Norme “urgenti” come quelle su bilancio e personale sono escluse dalla procedura».
L’opposizione se la ride. «In maggioranza non si erano accorti del passaggio? O dicono bugie, o è dilettantismo: davano per scontato che la legge venisse affossata e non l’hanno neppure letta» attacca Riccardo Dello Sbarba (Verdi). Esulta Andreas Pöder: «Non sarà facile ricambiare il testo: si potrà sempre chiedere un referendum per stoppare il no al referendum». Alessandro Urzì avverte: «Come detto già in aula, mi impegno solennemente a far sì che vengano impugnate tutte le leggi approvate con meno di due terzi dei voti. Vogliono la democrazia diretta? Allora applichiamola integralmente».
C’è infine una lettura più politica e maliziosa: con le nuove regole, la Svp potrebbe essere orientata in futuro a tessere maggioranze più ampie di quella (un po’ risicata) attualmente in campo. Preludio a ribaltoni?
Il confronto Schiefer: «Forse è stata una svista, giusto correggere». Amhof: «Bene così, è stimolo a legiferare meglio»