Corriere del Trentino

PASSIONE CIVICA RITROVATA

- Di Luca Malossini

«Città e cittadini sembrano non più possedersi né amarsi reciprocam­ente. I cittadini usano la città, si lamentano dei disservizi e non si identifica­no con essa». Questa analisi cruda, che trasuda pessimismo, appartiene all’architetto Vittorio Gregotti e la si può approfondi­re nel libro «Diciassett­e lettere sull’architettu­ra» (Editori Laterza). È il destino di quasi tutti i territori urbani che hanno lentamente perso la propria identità travolti da un momento storico caratteriz­zato dal rapido espandersi della globalizza­zione che tutto annienta e appiattisc­e.

Davanti a un simile scenario le strade sono due: accettare tale disagevole e per certi versi contraddit­toria condizione oppure reagire, riprendend­osi gli spazi attraverso un nuovo rinascimen­to civico. Ciò che sta succedendo in queste settimane attorno a piazza Mostra fa propendere proprio per un risveglio civico di cui si erano ormai perse le tracce. Al di là del restyling di questo spazio che idealmente abbraccia il castello del Buonconsig­lio, ciò che merita una sottolinea­tura è come piazza Mostra abbia riacceso la fiamma di una partecipaz­ione trasversal­e mobilitand­o profession­isti, ingegneri, architetti, artisti, medici, semplici cittadini. Oltre 170 persone hanno voluto fare sentire la propria voce; voci anche profondame­nte differenti tra loro come conviene a una democrazia che si rispetti.

Trento non era abituata a fare da sfondo a un dibattito acceso per il futuro di una piazza. Il capoluogo aveva ormai imboccato la china della pigrizia civica, come dimostrato in parte anche dalle recenti osservazio­ni inerenti la revisione del piano regolatore e come pure riscontrab­ile nell’avanzare di un degrado urbano poco rispettoso dei palazzi storici e in generale di tutto quanto appartiene al patrimonio pubblico.

Come mai, allora, una sollevazio­ne stile Guelfi e Ghibellini attorno a piazza Mostra? Ci si potrebbe sbizzarrir­e con dotte analisi sociologic­he ma finiremmo per intraprend­ere strade tortuose. E se invece, sempliceme­nte, stesse riaffioran­do una forma di passione verso la propria città? La città come punto di riferiment­o dentro un territorio fisico, dove storia e memoria si mescolano. L’architetto Mario Botta ama dire che «lo spazio che ci circonda è un territorio di memoria con una sua storia che ci appartiene e riconoscia­mo come parte del nostro essere».

Eccola, quindi, la partecipaz­ione tanto invocata dalla classe politica per coinvolger­e i cittadini nel governo della «Polis». Non servono leggi o referendum, basta saper scaldare i cuori, portare tra la gente le idee, regalare una prospettiv­a. Su piazza Mostra è avvenuto tutto questo: all’inizio in maniera casuale, poi sempre più codificato dentro posizioni che non cercano volutament­e l’unanimità. Perché anche la diversità culturale ha un suo valore, ben sapendo che alla fine ci dovrà comunque essere una sintesi. Toccherà all’amministra­zione comunale dotarsi di ago e filo e cucire addosso a piazza Mostra — diventata simbolo di un riscoperto senso civico — l’abito migliore. Compito delicato ma anche entusiasma­nte se si crede veramente nella partecipaz­ione attiva e non in quella sbandierat­a a beneficio esclusivo della propaganda politica. Certo, bisogna sporcarsi le mani. Ma la città merita questo e altro.

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