PASSIONE CIVICA RITROVATA
«Città e cittadini sembrano non più possedersi né amarsi reciprocamente. I cittadini usano la città, si lamentano dei disservizi e non si identificano con essa». Questa analisi cruda, che trasuda pessimismo, appartiene all’architetto Vittorio Gregotti e la si può approfondire nel libro «Diciassette lettere sull’architettura» (Editori Laterza). È il destino di quasi tutti i territori urbani che hanno lentamente perso la propria identità travolti da un momento storico caratterizzato dal rapido espandersi della globalizzazione che tutto annienta e appiattisce.
Davanti a un simile scenario le strade sono due: accettare tale disagevole e per certi versi contraddittoria condizione oppure reagire, riprendendosi gli spazi attraverso un nuovo rinascimento civico. Ciò che sta succedendo in queste settimane attorno a piazza Mostra fa propendere proprio per un risveglio civico di cui si erano ormai perse le tracce. Al di là del restyling di questo spazio che idealmente abbraccia il castello del Buonconsiglio, ciò che merita una sottolineatura è come piazza Mostra abbia riacceso la fiamma di una partecipazione trasversale mobilitando professionisti, ingegneri, architetti, artisti, medici, semplici cittadini. Oltre 170 persone hanno voluto fare sentire la propria voce; voci anche profondamente differenti tra loro come conviene a una democrazia che si rispetti.
Trento non era abituata a fare da sfondo a un dibattito acceso per il futuro di una piazza. Il capoluogo aveva ormai imboccato la china della pigrizia civica, come dimostrato in parte anche dalle recenti osservazioni inerenti la revisione del piano regolatore e come pure riscontrabile nell’avanzare di un degrado urbano poco rispettoso dei palazzi storici e in generale di tutto quanto appartiene al patrimonio pubblico.
Come mai, allora, una sollevazione stile Guelfi e Ghibellini attorno a piazza Mostra? Ci si potrebbe sbizzarrire con dotte analisi sociologiche ma finiremmo per intraprendere strade tortuose. E se invece, semplicemente, stesse riaffiorando una forma di passione verso la propria città? La città come punto di riferimento dentro un territorio fisico, dove storia e memoria si mescolano. L’architetto Mario Botta ama dire che «lo spazio che ci circonda è un territorio di memoria con una sua storia che ci appartiene e riconosciamo come parte del nostro essere».
Eccola, quindi, la partecipazione tanto invocata dalla classe politica per coinvolgere i cittadini nel governo della «Polis». Non servono leggi o referendum, basta saper scaldare i cuori, portare tra la gente le idee, regalare una prospettiva. Su piazza Mostra è avvenuto tutto questo: all’inizio in maniera casuale, poi sempre più codificato dentro posizioni che non cercano volutamente l’unanimità. Perché anche la diversità culturale ha un suo valore, ben sapendo che alla fine ci dovrà comunque essere una sintesi. Toccherà all’amministrazione comunale dotarsi di ago e filo e cucire addosso a piazza Mostra — diventata simbolo di un riscoperto senso civico — l’abito migliore. Compito delicato ma anche entusiasmante se si crede veramente nella partecipazione attiva e non in quella sbandierata a beneficio esclusivo della propaganda politica. Certo, bisogna sporcarsi le mani. Ma la città merita questo e altro.