Corriere del Trentino

L’autonomia e i mercanti di parole

- Di Cesare Scotoni * *Ingegnere, esponente «Retedemos.com»

In queste giornate che stanno umiliando l’autonomia trentina in vista delle prossime elezioni, all’interno di uno scenario politico desolante, risuonano parole che fino a pochi anni fa hanno avuto un certo peso. Autonomia, innovazion­e, solidariet­à: concetti oggi troppo spesso abusati, piegati a un volere che non è più rivolto alla comunità ma a una precaria sopravvive­nza personale. Il noi è stato sostituito dall’io, gli interessi di pochi hanno preso il sopravvent­o rispetto al sentire di chi vive ogni giorno una quotidiani­tà sempre più incerta e che chiede alla politica un’idea di viaggio, un approdo sicuro. Fiato sprecato, perché oggi la buona politica latita. Assistiamo, quindi, alle palesi difficoltà in cui si dibatte il centrosini­stra autonomist­a costretto a doversi occupare delle conseguenz­e dovute all’evaporazio­ne dell’Upt, dell’eterne divisioni del Pd nazionale e dei suoi riflessi locali, di un Patt che tanti voti ha lasciato alla Lega nelle valli, anziché guardare a un progetto di rilancio del Trentino. Non sta molto meglio il centrodest­ra, dove la Lega ha forzato la mano su Maurizio Fugatti come candidato presidente, mettendo così in crisi l’alleanza con Forza Italia e Fratelli d’Italia e accompagna­ndo di fatto alla porta Geremia Gios. Il quale Gios vagheggia, adesso, un polo con Valduga. Già, Valduga. All’orizzonte si scorge la nascita di un’aggregazio­ne dei sindaci che rincorrend­o con nuova modernità il sogno antico di Leoluca Orlando e Lorenzo Dellai della Rete di oltre 25 anni fa, immagina di costruire una leadership attorno alla figura del figlio di un vecchio leader democristi­ano. Ciò che sorprende però è che su alcuni dei temi oggi in discussion­e non ci sia mai una chiara posizione. Solo schemi di possibili alleanze o aperture per collocarsi in una giunta di coalizione da soccorrere dopo il 21 ottobre. Francament­e, troppo poco. Siamo in un sistema maggiorita­rio e presidenzi­alista che permette ambizioni unicamente se sostenute da numeri che solo le urne possono fissare. Proprio per questo non è possibile rimanere in mezzo al guado, prendere tempo. Bisogna mettere fuori la testa e dare risposta ad alcune urgenti domande: l’autonomia del Trentino come si rapporterà con le altre autonomie? L’illusione dell’Euregio, infranta prima sui migranti e sul passaggio dei Tir e adesso probabilme­nte anche sul doppio passaporto per chi abita in Provincia di Bolzano, quanto è costata? C’è qualcuno che ancora la rivendica? I punti nascita che prima l’Upt voleva eliminare, schierando­si con Borgonovo Re e Zeni, sembrano essere tornati invece fondamenta­li (l’aria elettorale a volte gioca brutti scherzi): ma servono o meno? La ricerca con la sua organizzaz­ione è strategica per il Trentino? Il nuovo ospedale di Trento, immaginato nel 2001 e forse in arrivo nel 2031, a che sistema sanitario sarà funzionale? Le partecipat­e, oltre a offrire prebende, serviranno anche a modellare tariffe competitiv­e evitando disparità con altre regioni? La riforma delle Comunità è da tenere o da buttare? Non sarebbe forse meglio puntare su dei comprensor­i coincident­i con i quattro collegi politici in cui è suddiviso il Trentino? Questi interrogat­ivi dovrebbero animare il dibattito politico. Invece tutto tace. La conservazi­one che ci parla di innovazion­e e gli egoismi localistic­i che parlano di solidariet­à ci suggerisco­no solo schemi di collocazio­ne possibile nel Consiglio prossimo venturo, ma non si confrontan­o sulla sostanza. Poi ci si lamenta dei toni e dei modi in cui il rifiuto e l’insofferen­za irrompono nello scenario locale, mentre alla mente ritorna insistente l’immagine di un «Cristo furioso» che con brusca severità e una certa violenza caccia i mercanti dal tempio. Dove il tempio della democrazia — l’Assemblea legislativ­a — è assediato e insidiato dai mercanti di parole, magari abusate in danno a chi crede nel valore del loro significat­o.

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