Calabrò e il proprio futuro «Vorrei restare in Sparkasse per i prossimi dieci anni»
Priorità il legame col territorio: «L’istituto è ancorato a Bolzano» Inchiesta sui fondi Lega: «La banca può dimostrare l’estraneità»
BOLZANO Bolzanino classe ’66. A 33 anni era responsabile delle attività commerciali dell’istituto San Paolo Imi per l’Austria e la Svizzera. A 34 è selezionato dal Consiglio per le Relazioni Italia-Usa come Young Leader, prestigioso riconoscimento toccato a John Elkann, Franco Bernabè ed Enrico Letta. A 40 è Ceo di Intesa San Paolo Romania. I numeri ottenuti alla guida di Sparkasse parlano di lui da un punto di vista professionale. Sul lato privato, invece, ha sempre mantenuto la tipica discrezione dei veri uomini d’affari.
Chi è Nicola Calabrò?
«Una persona che fa un lavoro che gli piace. Mi sveglio ogni mattina e vado al lavoro volentieri. Ogni giorno è diverso dal precedente. Tendo a fare il mio lavoro con passione e incoraggiare chi mi sta vicino. Provo a trasferire l’idea che anche gli schemi più rigidi delle organizzazioni possono essere smontati».
La sua storia professionale in poche parole.
«Un percorso di banca partendo dalla gavetta. Ero al secondo anno di università quando ho vinto un concorso per entrare all’Istituto Bancario Sanpaolo di Torino. Ho iniziato a lavorare a Bolzano nella filiale di piazza Sernesi e ho poi completato gli studi da studente lavoratore. Ho svolto tutte le mansioni di filiale partendo come cassiere. Conoscere la banca dall’attività di filiale ha sempre rappresentato per me una grande ricchezza».
Da piccolo cosa sognava di fare?
«Quando iniziavo a finire gli studi il mondo della banca mi affascinava. L’ho sempre considerato un possibile approdo lavorativo».
Se si guarda indietro ha qualche rimpianto?
«Una bella carriera ha comportato sacrifici importanti, soprattutto familiari. Tornare a Bolzano dopo quasi 20 anni fra Italia ed estero mi ha permesso di trovare un equilibrio migliore. Quando ero dirigente San Paolo Imi Internazionale e viaggiavo di frequente ogni tanto mi svegliavo la mattina e prima di accendere la luce mi chiedevo dove fossi. In una settimana poteva capitarmi di dormire in tre città diverse. Tra il 2002 e il 2006 facevo una media 150 voli all’anno».
Cosa significa essere amministratore delegato di una società?
«Vuole dire sentire la responsabilità di guidare un’azienda importante sapendo che le proprie scelte possono influenzare la vita di oltre 1000 dipendenti, la soddisfazione di oltre 200.000 clienti, il successo dell’azienda e un ritorno economico per oltre 25.000 azionisti».
C’è mai stata qualche decisione che le è particolarmente pesata?
«No, se la domanda è una decisione che poteva essere stata vissuta male. Una decisione particolarmente importante è stata quella tra lasciare Aew e venire in Sparkasse. Un bivio sofferto».
Perché?
«Da una parte c’erano stati due anni molti intensi in Aew, molto impegnativi per quella che era stata anche la fusione con Sel. Dall’altra c’era l’opportunità di guidare Sparkasse che si trovava in una situazione molto difficile e vivere una nuova sfida. A distanza sono contento di aver fatto questa scelta».
Da quando guida Sparkasse, ha mai ricevuto pressioni per fare o non fare qualcosa?
«No, assolutamente. Penso sia finita l’era della lottizzazione delle aziende».
L’hanno accusata di fare parte del «sistema Alto Adige». Quali sono i suoi rapporti con la politica?
«Non ho mai avuto etichette politiche e non le ho mai cercate. Quelle accuse mi sono molto dispiaciute. Chi le ha fatte aveva avuto modo di conoscermi e poteva risparmiarsele. La mia storia professionale è di impegno, sacrifici, passione per raggiungere gli obiettivi e questo mi ha portato a poter traguardare la mia quarta direzione generale. Nessuno mi ha mai regalato niente, ma spesso ho incontrato persone che hanno apprezzato il mio lavoro».
La questione dei fondi della Lega le ha creato qualche imbarazzo?
«Le autorità inquirenti devono fare il proprio lavoro, un lavoro che va rispettato. Allo stesso tempo la banca può dimostrare di essere estranea a quanto inizialmente ipotizzato dai magistrati».
Come valuta la sanità altoatesina?
«Non ho sufficienti informazioni per dare una risposta articolata. Per esperienze personali, ritengo comunque funzioni meglio che nel resto d’Italia».
Cosa pensa del Techpark?
«Può essere un’opportunità. Credo che la Provincia stia gestendo l’iniziativa con grande determinazione. È importante che il sistema economico locale faccia squadra. Il successo può esserci se tutti i protagonisti economici del territorio sapranno valorizzarlo».
Giudiceandrea dice: «L’opposizione la devono fare gli imprenditori». Cosa ne pensa? Come vede la classe politica odierna?
«La classe politica di oggi è molto eterogenea. Anche il governo nazionale mette insieme due realtà diverse. Il mondo imprenditoriale, oggi, soffre il fatto che c’è una parte del governo che spinge verso scelte che non sono quelle che farebbe la parte imprenditoriale. Lo vediamo nei temi chiave del lavoro, delle infrastrutture».
Il mondo di oggi è governato dalla politica o dalla finanza?
«Ha sempre governato la politica e governa ancora. La finanza è solo un pezzo importante del mondo economico mondiale».
Sulla stampa economica nazionale si è letto di una espansione di Sparkasse in Emilia Romagna. Si ritenta quanto non ha funzionato in passato?
«Non c’è alcuna espansione in Emilia Romagna. Abbiamo deciso di valutare un potenziale sviluppo corporate banking e private banking in province limitrofe. È allo studio una valutazione su Modena, un territorio vicino e con un tessuto economico sano e dinamico. Il futuro è rimanere una banca ancorata su Bolzano che continua a rappresentare oltre il 70% delle attività realizzate».
Il successo di cui va più fiero?
«Il successo di Sparkasse. Al di là dei numeri,mi dà soddisfazione l’aver creato una bella squadra affiatata».
Lei si sente più capo o più leader?
«Più leader, perché vedo che le persone mi riconoscono in quanto tale».
Passioni fuori dal lavoro?
«Mi piace viaggiare, sciare e corro costantemente».
È credente?
«Si».
Ultimo libro letto?
«La biografia di Macron».
Dove si vede tra 10 anni?
«Non ho mai immaginato cosa avrei fatto il giro dopo. Mi piacerebbe continuare a fare ciò che faccio oggi e portare Sparkasse a essere ancora più un’azienda di successo».