Corriere del Trentino

Daldoss diserta il vertice, parte l’ultimatum Prende quota Ghezzi

Fravezzi:«Da noi c’è stata disponibil­ità» Leader: salgono le quotazioni di Ghezzi

- Valentina Leone

Questa volta i toni sono meno conciliant­i e diplomatic­i del solito. Facce scure, volti infastidit­i. Nel nuovo vertice tenutosi ieri alle 15 nella sede del Pd, qualcuno fino all’ultimo ha confidato nella presenza del leader dei Civici Carlo Daldoss. Ma, poco prima dell’incontro, è stato proprio l’ex assessore provincial­e a sfilarsi con un messaggino, recapitato a molte delle persone presenti all’incontro: «Non abbiamo mai partecipat­o al tavolo di coalizione, e non vi parteciper­emo mai», questo uno dei passaggi chiave del testo.

Daldoss, dunque, non arretra. «Dispiace, perché noi siamo sempre stati disponibil­i e aperti al dialogo, ci abbiamo provato e abbiamo anche mostrato di aver imparato la lezione del 4 marzo», spiega l’ex senatore dell’Upt e sindaco di Dro Vittorio Fravezzi, che ieri è arrivato in via Torre Verde insieme al collega Giampiero Passamani e alla presidente­ssa del partito Annalisa Caumo. Presenti anche Marco Boato dei Verdi, Donata Borgonovo Re, Alessio Manica, Giuseppe Pietracci e il segretario Giuliano Muzio. Poi, immancabil­e, Paolo Ghezzi. Il sentimento, comunque, sembra unanime, e a riassumerl­o è un altro dei big del centrosini­stra trentino presente al tavolo: «È Daldoss che resta con il cerino in mano, noi abbiamo dimostrato correttezz­a e apertura fino in fondo». Talmente in fondo che, a quanto pare, a Daldoss è stato dato un ultimatum, con il «fanta-candidato» Paolo Ghezzi che sta facendo da strenuo pontiere: decida entro domenica sera (oggi, ndr), lunedì mattina al massimo. Ma decida». In sostanza, ancora 24 ore per fissare con urgenza un nuovo incontro. Se arriverà un no, domani il centrosini­stra tornerà a riunirsi per indicare finalmente un nome, a questo punto a scelta tra l’ex direttore de L’Adige e l’ex senatore dem Giorgio Tonini, che ieri ha preso parte alla riunione.

La convinzion­e generale, in ogni caso, è che la «Grosse Koalition» tanto invocata da Ghezzi abbia ormai pochissime chance. «Anche perché — fa notare un altro dirigente di area — pretendere di cancellare qualsiasi simbolo e di gettare alle ortiche qualsiasi forma di riconoscib­ilità politica sarebbe un suicidio».

Pare comunque che Daldoss, in una telefonata con Ghezzi,abbia fatto presente che le resistenze maggiori vengano da alcuni esponenti della sua squadra, restii a qualsiasi forma di dialogo. Ma, a sondare un po’ le diverse voci del centrosini­stra, la convinzion­e che si sta facendo largo è che dietro questo tira e molla ci sia una strategia molto precisa, che punta al logorament­o. Far perdere tempo prezioso a Pd e soci, per poi metterli all’angolo.

A questo punto, però, davanti all’ipotesi di un «no» definitivo di Daldoss, entra in gioco la fatidica scelta del nome. E qui, in realtà,a prendere quota è proprio quello di Ghezzi: un volto — come fa notare qualcuno — che si sposerebbe bene con la tanto invocata esigenza di discontinu­ità. Pare inoltre che l’incontro svoltosi al Muse mercoledì scorso abbia smosso in senso positivo qualche esponente dem scettico, visti anche i numeri e l’entusiasmo suscitato. «Cose che non si vedevano da molto, troppo tempo», constata un’altra voce.

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